mercoledì 7 aprile 2010


Chiesa sotto attacco, aborto “federalista” e il pericolo del “silenzio”.
Cosa ci viene richiesto in questo tempo?


C’è di che essere preoccupati. Oggi, leggendo il Corriere della Sera, si trovano frasi inquietanti: il Vaticano si attenderebbe addirittura «“calunnie” sulla salute del Papa», insistenze «sulle (inimmaginabili) dimissioni». In Inghilterra, oltre ad una raccolta di firme contro la visita del Santo Padre, alcuni giuristi «vogliono stabilire se Benedetto XVI possa godere dell’immunità diplomatica accordata ai capi di stato o se possa essere perseguito dalla giustizia britannica in virtù della giurisdizione internazionale».

Leggere ed accordare attenzioni a queste notizie – alcune delle quali davvero fantasiose – significa, probabilmente, assecondare quel rumoroso “chiacchiericcio” al quale ha fatto riferimento il cardinale Sodano nel suo saluto pasquale in Piazza San Pietro. Eppure non basta più, giunti ad un livello di attacco tanto virulento, non prestare attenzione a certe voci ed a certi toni. Il fine della “accorta regia” (come l’ha definita il nostro Vescovo) è oramai chiaro: lo svilimento del messaggio evangelico si è rivelato, sempre ed ovunque, fallimentare; i colpi sferrati all’Istituzione, intesa forma organizzativa del popolo di Dio nella storia – ammesso che possa scindersi dal messaggio evangelico – non hanno sortito grandi effetti, tant’è che essa resiste all’usura del tempo ed al passaggio delle persone; l’ultimo tentativo è quello di provare ad insozzare la singola persona, la sua storia personale di uomo di fede e di cultura, di esponente dell’istituzione e di docente, di Vescovo e di Papa. Una sceneggiatura già veduta con Pio XII.

Tutto quanto finisce in un unico calderone, nel quale tutti i profili si mescolano, senza prove consistenti o una benché minima coerenza, ma con una finalità a mio avviso ben precisa: tentare di ridurre, stavolta definitivamente, la Chiesa al silenzio. Ovunque e sempre. Forse, potrebbe essere tollerata come mero ente benefico, come piccolo club elitario per stravaganti appassionati delle questioni dell’anima, oppure come circolo che predica la pace ed il rispetto del creato. In ogni caso silenziosa, chiusa in qualche ovattata cappella o confusa in mezzo ad altri movimenti o associazioni.

Mi pare che la portata devastante di questo progetto la si apprezzi, in particolare, anche dal nostro privilegiato osservatorio italiano. La prolusione del Cardinale Bagnasco al Consiglio permanente della CEI ha rilanciato, con forza, il tema della pillola RU486. Con parole limpide e segnate dalla continuità nel magistero del Pontefice, Bagnasco ha messo in luce il rischio di un aborto dilagante, prolungato, banalizzato, legato alla semplicità del gesto di prendere una “pillola”: «con il risultato (..) dell’invisibilità sociale della pratica, preludio di quella invisibilità etica che è disconoscimento che ogni essere è per se stesso, fin dall’inizio della sua avventura umana». Ed ha richiamato, correttamente, i cattolici ad una adeguata ponderazione di questi temi al momento della scelta dei rappresentanti politici a qualsiasi livello. Dov’è lo scandalo? C’è qualcosa di nuovo che la Chiesa non aveva già detto o che non emergeva già dal Magistero? Il terreno era però fertile perché su esso potesse innestarsi una polemica politica decisamente stucchevole che ha volgarizzato e svilito il messaggio del Cardinale. Poi, l’iniziativa di alcuni Presidenti del Regione neo-eletti ha rinfocolato la polemica, al punto che si è parlato di “nuovi collateralismi”, trascinando la Chiesa su un piano, quello della politica, sul quale risulta ancora più facile infangarla.

Le parole del Cardinale parlavano all’intero Paese, richiamando l’attenzione su un tema così delicato da richiedere una riflessione adeguata e pacata e non lo strillo ostile dei soliti. C’è da sperare che alle iniziative regionali corrisponda un approfondimento a livello nazionale: l’ultima cosa di cui ci sarebbe bisogno è l’aborto federalista, con una distinzione di diritti del nascituro a seconda del territorio regionale nel quale è concepito.

Ma la vicenda mette in luce come ci sia bisogno, non solo per i cattolici ma per il Paese intero, di una guida attenta e sensibile, quale quella della Chiesa, che assista il singolo e le comunità nell’esercizio del discernimento che deve maturare in tutti gli ambiti della vita associata.
L’alternativa è quella di lasciare tutto all’arbitrio dei singoli, alla rumorosità dei più, alle convinzioni delle contingenti maggioranze. Ecco che il tentativo di ridurre la Chiesa al silenzio, in tutti i modi possibili, intende proprio privare il popolo cristiano di un punto di riferimento così prezioso da essere imprescindibile perché “voce” del suo Signore nella storia; ma è un tentativo di allontanare anche quanti si muovano in cerca di un senso per la propria vita, senza avere certezze sull’esistenza di Dio, e quanti, senza avere il dono della fede, si ritrovino in una visione antropologica cristiana.

L’Associazione Maria Madre nostra ha fatto della difesa della vita – specialmente la più debole, martoriata e disarmata – e dell’ascolto e della vicinanza al Successore di Pietro due fondamenti del suo impegno. Per questo, essa oggi è pienamente e drammaticamente chiamata ad essere in prima linea, con voce chiara, ferma e forte su questi fronti aperti che, a ben vedere, si saldano in un unico disegno a tinte fosche. Non si tratta di evocare lotte del bene contro il male o di additare complotti insidiosi: si tratta, al contrario, di confermare il nostro servizio nella Chiesa a fianco del Papa, senza nemici, ma avendo presenti la gravità delle colpe dei singoli, l’amore della Verità e la capacità di discernimento ed essendo, nel mondo, fonte di speranza e di amore. Il rischio che vivono i cattolici oggi è quello di sentirsi collettivamente in colpa e di riparare, quindi, in un intimismo che segnerebbe la fine di quella presenza nel mondo e nella storia della quale, invece, il mondo e la storia hanno molto bisogno.

Senza paura, ma pieni di Verità e di amore, dobbiamo presentarci alla nostra città confermando il senso, il metodo ed i risultati di un impegno per la vita e per la Chiesa che – certamente – potrà avere crepe o contraddizioni, ma segnala, almeno, una via, possibile ed aperta a tutti, da percorrere e un obiettivo che intende unire. E come noi, speriamo, facciano anche le altre aggregazioni laicali, in Italia e nel mondo, gli intellettuali (come hanno fatto, in queste ore, in Francia) e tutto il «popolo di Dio». Per questo si dovrà levare la nostra preghiera: perché non ci sia il silenzio, che sarebbe il triste inizio e la causa prima del “silenzio di Dio” nella storia.
Luca Gori

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