sabato 5 settembre 2015

Pellegrini a Lourdes


La presenza di Maria nella storia emerge imprevista, in tempi difficili e luoghi marginali, per radicarsi attorno ai santuari grandi e piccoli. L’apparizione di Lourdes esprime perfettamente l’intreccio che il Mistero intrattiene con la storia. In una cittadina periferica del paese all’avanguardia nel pensiero laico e anticlericale, appena quattro anni dopo la solenne proclamazione del Dogma dell’Immacolata Concezione, Maria si presenta in perfetta lingua vernacola come «Imacolada Concepciou». Appare alla ragazzina più povera e ignorante del paese per comunicare pochi, ma decisivi messaggi: «andate alla fonte, bevete e lavatevi»; «Penitenza! Penitenza! Penitenza! Pregate Dio per i peccatori! Bacerete la terra in espiazione dei peccatori!»; «dite ai sacerdoti che si venga qui in processione e che si costruisca una cappella». E difatti i pellegrini di Lourdes fanno il bagno e bevono alle fontane l’acqua scaturita dalla sorgente, celebrano la messa nella grandi chiese del santuario, compongono processioni, pregano, si confessano, chiedono intercessione per i peccatori.
Il ribaltamento del mondo nel mondo qui trova una manifestazione visibile, immediata aperta a tutti, che pure non maschera la sua forza di contraddizione.


Anche la vicenda di Bernadette non va addolcita. Attorno ai suoi tratti, come capita a molti santi famosi, da san Francesco d’Assisi a San Filippo Neri, da Santa Caterina a Santa Teresa di Lisieux, cresce una letteratura devota, di deliziosi fioretti, semplicità e candore angelico. Ma l’irruzione di Dio in un’anima suscita contraddizioni evidenti con il mondo, dice tutta l’alterità di Dio e del Vangelo, frantuma ogni accomodamento. Durante le apparizioni Bernadette si butta a terra a mangiare l’erba di fronte alla grotta di Massabielle - la grotta dei maiali - come dicevano a Lourdes per l’abitudine di portarceli a pascolare. Bacia la terra, cammina in ginocchio, si cosparge di fango la faccia. Non ha paura di raccontare la sua verità di fronte al Commissario, con quella fermezza semplice che contraddistingue i santi e i testimoni, da quelli descritti negli Acta Martyrum fino ai perseguitati di oggi. La Vergine le conferma la durezza della sua esistenza («non ti prometto di farti felice in questo mondo, ma nell’altro»), ma Bernadette avanza nella fede in una profonda crescita spirituale che matura dopo il suo ingresso in monastero a Nevers. «Io non vivrò un istante senza amare, Colui che ama fa tutto senza pena, oppure ama la sua pena. Perché bisogna soffrire? Perché quaggiù il puro Amore non vive senza sofferenze. O Gesù, Gesù, io non sento più la mia croce quando penso alla vostra. L’amore trionfa, l’amore gioisce. L’amore del santo Cuore rende felici».
Collocare in Dio lo spazio del dolore è la grande sfida della vita cristiana. Questo avviene a Lourdes. La celebrazione eucaristica raccoglie attorno all’altare malati e disabili, dove il corpo piagato si confonde con l’eucarestia e la parola diventa sorgente d’acqua viva.



 «La vita cristiana – scrive ancora Santa Bernadette - non ha soltanto le sue lotte e le sue prove, essa ha anche le sue consolazioni. E se dal Tabor bisogna andare al Calvario, dal Calvario si ritorna al Tabor con Gesù. Là è una anticipazione del cielo. L’anima fa un solo cammino, dal Golgota al Tabor. Essa esce dal Golgota per andare a cercare forza e coraggio al Tabor. La vita è questa salita”.
Nella nostra realtà siamo esperti sempre stupiti di questa affermazione. Sul calvario di tante esistenze ci è spesso rivelato il Tabor della consolazione e della gioia. Questa scoperta ci rende l’esperienza di Lourdes particolarmente vicina e familiare. Nel tempo del pellegrinaggio, però, siamo ricondotti all’essenziale della nostra esperienza, tutti coinvolti nella dinamica della conversione, più svincolati da un servizio quotidiano fatto di assistenza e competenze. Sono i piccoli che, mano nella mano, prendono il sopravvento per condurci di fronte alle immagini e alle “forme” che toccano in profondità, smuovono le acque del cuore e commuovono. Penso alle preghiera di Fabio, prima di immergersi nella piscina, o all’imprevisto inginocchiarsi di M. durante la messa, che come la mamma, neppure è battezzata. Potrei aggiungere, tralasciando moltissimo, la gioia di Chiara o la fede forte e semplice di Maddalena.

Nella grande chiesa sotterranea, come lungo le processioni aux flambeux o attorno alla grotta, emergono i tratti di un mondo diverso, ma dalla composizione molto variegata: increduli, superstiziosi, curiosi, pellegrini forse poco formati nella fede, ma anche uomini e donne, volontari, sacerdoti e vescovi, trasformati dall’incontro con Dio. Un’amalgama singolare, che assume però una forma diversa, dove i piccoli, gli “scarti” del mondo, sono in prima fila da protagonisti. È la forma di un popolo che prega, ascolta, canta, cammina insieme. Una forma che evangelizza e invita a leggere e fare la storia in un modo tutto differente.

La radicalità del Vangelo non conduce all’esclusività, ad una proposta per pochi eletti. Radicalità e capacità attrattiva si combinano paradossalmente. Dove si annacqua il Vangelo non c’è più evangelizzazione. O non se ne avverte il bisogno. Con Maria radicalità e tenerezza si intrecciano nel segno della grazia. Aprono le nostre incongruenze all’azione misteriosa di Dio e dicono uno stile per l’annuncio. Maria, dunque, ci guida nella strada dell’evangelizzazione. Al termine della sua esortazione apostolica Evangelii Gaudium è il papa che ce la presenta così.


 Maria è colei che sa trasformare una grotta per animali nella casa di Gesù, con alcune povere fasce e una montagna di tenerezza. Lei è la piccola serva del Padre che trasalisce di gioia nella lode. È l’amica sempre attenta perché non venga a mancare il vino nella nostra vita. È colei che ha il cuore trafitto dalla spada, che comprende tutte le pene. Quale madre di tutti, è segno di speranza per i popoli che soffrono i dolori del parto finché non germogli la giustizia. È la missionaria che si avvicina a noi per accompagnarci nella vita, aprendo i cuori alla fede con il suo affetto materno. Come una vera madre, cammina con noi, combatte con noi, ed effonde incessantemente la vicinanza dell’amore di Dio. Attraverso le varie devozioni mariane, legate generalmente ai santuari, condivide le vicende di ogni popolo che ha ricevuto il Vangelo, ed entra a far parte della sua identità storica. Molti genitori cristiani chiedono il Battesimo per i loro figli in un santuario mariano, manifestando così la fede nell’azione materna di Maria che genera nuovi figli per Dio. È lì, nei santuari, dove si può osservare come Maria riunisce attorno a sé i figli che con tante fatiche vengono pellegrini per vederla e lasciarsi guardare da Lei. Lì trovano la forza di Dio per sopportare le sofferenze e le stanchezze della vita. Come a san Juan Diego, Maria offre loro la carezza della sua consolazione materna e dice loro: «Non si turbi il tuo cuore […] Non ci sono qui io, che son tua Madre?».

(Per vedere più foto..)
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