lunedì 12 ottobre 2009

NUOVO INCONTRO..PASSATE CONSIDERAZIONI



Carissimi,
in primo luogo vi ringrazio per la vostra presenza alla riunione di Sabato 26 settembre, per le vostre parole e le vostre preghiere.

Abbiamo fissato il prossimo incontro Sabato 24 ottobre 2009, come al solito presso l’AIAS di San Biagio alle ore 17.30. Seguirà momento conviviale in luogo da definirsi (i presenti sono invitati a segnalarmi la loro presenza).

In questi giorni, ripensando alla riunione precedente, ho cercato di mettere in fila alcune considerazioni sulla nostra esperienza, ma anche prospettive per il nostro cammino. Fatemi sapere il vostro pensiero e le vostre riflessioni.
La prima considerazione è, in realtà, il ringraziamento per la dimensione comunitaria della vita di fede che ho sperimentato all’AIAS, una comunione gioiosa e sempre sorprendente, tanto sorprendente che mi ha condotto fin qui, nel seminario di Firenze da cui vi penso e scrivo.
Mi sembra necessario, inoltre, ribadire quanto sia importante rimanere in ascolto e nella giusta predisposizione d’animo attraverso un servizio umile e continuato, anche piccolo. E’ attraverso il servizio che ci apriamo alla conoscenza dei ragazzi. Conoscerli significa entrare nell’amicizia di Dio, aprire i nostri occhi sugli altri e su noi stessi. Da loro scaturisce un deciso ribaltamento nel nostro modo di pensare che conduce alla vera gioia. Scopriamo i nostri handicap e i nostri limiti, quelle disabilità della mente e del cuore che tutti, più o meno evidentemente, portiamo dentro di noi.
La scoperta della gioia, della festa “insieme”, è il punto di partenza per aprirsi all’accoglienza e annunciare la novità del Vangelo, specialmente a coloro che hanno perso il gusto e il senso della vita, che sono perennemente insoddisfatti, lontani da Dio o intiepiditi nella fede. Stando con i ragazzi impareremo il linguaggio di Dio e anche la Parola acquisterà una diversa profondità. In questi giorni si stanno organizzando nella Diocesi i “Gruppi di ascolto della Parola”. Che ruolo possono avere i ragazzi in questa proposta?
C’è un libro che Diego ci ha già proposto durante un’omelia domenicale, ma che vi invito a leggere: Adam, amato da Dio, di Henry J. M. Nouwen, Ed. Queriniana.
L’autore, forse, l’avete già sentito o avrete già letto qualche suo libro, perché è uno degli autori di spiritualità più tradotti nel mondo. Il libro, però, ha un taglio decisamente particolare e descrive l’amicizia del sacerdote-scrittore con Adam Arnett, giovane disabile ospitato in una comunità de l’Arche di Toronto. Attraverso Adam, Nouwen riconosce e ripercorre la vicenda di Gesù e descrive un inaspettato quanto radicale cambiamento che ha toccato la sua vita. Non anticipo altro, ma mi sembra significativo citare qui alcuni passaggi di questo volume:

Adam poteva pregare? Sapeva chi è Dio e che cosa significa il nome di Gesù? Comprendeva il mistero di Dio tra noi? Per lungo tempo ho riflettuto su queste domande. Per molto tempo mi sono chiesto con curiosità quanto Adam potesse sapere di quello che io sapevo e quanto potesse comprendere di quello che io comprendevo. Ora vedo che per me queste erano domande ‘dal basso’, domande che riflettevano più la mia ansia e la mia incertezza che l’amore di Dio. Le domande di Dio, le domande ‘dall’altro’ erano: “Puoi lasciare che Adam ti guidi nella preghiera? Puoi credere che sono in profonda comunione con Adam e che la sua vita è una preghiera? Puoi lasciare che Adam sia una preghiera vivente alla tua tavola? Puoi vedere il mio volto nel volto di Adam?”

Le esperienze di festa e comunione delle GMG, gli incontri settimanali o gli eventi diocesani che abbiamo condiviso hanno fatto emergere, e continuano a evidenziare, ciò che possono trasmettere i ragazzi con la loro semplice esistenza, ribadiscono la straordinaria intensità comunicativa del mistero che essi vivono.
La spiritualità che trasmettono i ragazzi è talmente forte che chi impara ad ascoltarli e conoscerli comprende, come ha intuito anche padre Marko Ivan Rupnik (il mosaicista-teologo che ha realizzato i mosaici nella cripta di San Giovanni Rotondo, nella Cappella Redemptoris Mater in Vaticano, ma anche nella Basilica del Santo Rosario di Lourdes e che “prossimamente” realizzerà anche i mosaici..nella nuova cappella dell’AIAS di San Biagio!), quanto spesso siano in grado di presentare anche più complessi concetti teologici. Si tratta di un talento da valorizzare sempre di più attraverso i loro disegni, le loro parole, i canti, i balli, le loro carezze o i loro silenzi, le loro stesse difficoltà, la loro semplice esistenza.

Nelle ultime pagine del libro di Nouwen si legge : “Ho cercato di scrivere semplicemeente e direttamente per quanto mi era possibile. Sono un testimone della verità di Adam. So che non avrei potuto raccontare la storia di Adam, se non avessi prima conosciuto la storia di Gesù. La storia di Gesù mi ha dato gli occhi per vedere e gli orecchi per udire la storia della vita e della morte di Adam”.
Soltanto in Cristo siamo rivelati pienamenti a noi stessi e il mistero della croce è una via misteriosa e privilegiata. Una via che racchiude inaspettati segni di conversione e di testimonianza: a questo proposito rimando all’invito alla preghiera suggeritoci dall’Irene per Caterina, la figlia ventiquattrenne di Antonio Socci, in coma per un arresto cardiaco.

Quanto abbiamo conosciuto non può essere trattenuto per noi, lo abbiamo anche ripetuto al nostro incontro: è necessario aprirsi e non rimanere chiusi tra noi, raccontare “l’università” dell’handicap attraverso la televisione e gli altri strumenti della comunicazione, coinvolgere sempre più famiglie e volontari, anche coloro che apparentemente non vivono se non superficialmente, la realtà della fede. Il Signore farà il resto.
Creiamo sempre più comunione e condivisione tra noi, a partire dal nostro stare con Dio in mezzo ai ragazzi e le loro famiglie. Con quali modalità? Pensiamoci insieme…
C’è un ultimo aspetto che mi piace recuperare, ancora una volta dal libro di Nouwen, Adam, amato da Dio. E’ un brano che parla di noi, della comunità che, con tutti i suoi limiti, prova a vivere accanto ai disabili:
La totale dipendenza di Adam gli rendeva possibile vivere pienamente soltanto se viveva in una comunità d’amore attorno a lui. Il grade insegnamento che ci ha dato era: “posso vivere soltanto se mi circondate d’amore e se vi amate gli uni gli altri. Altrimenti, la mia vita è inutile e io sono un peso”. Adam ci sfidava chiaramente a confidare che quella compassione, quella mancanza di competizione, è la via per adempiere la nostra vocazione umana. Questa sfida ci costringeva a riesaminare tutti i presupposti fondamentali della nostra vita individuale”.

Cari amici,
teniamoci uniti nella preghiera..vi do appuntamento al prossimo incontro!

giovedì 8 ottobre 2009

La Fede


Carissimi tutti,
penso che siate a conoscenza della tragica storia di Caterina, la figlia del giornalista Antonio Socci. Si trova in coma all'ospedale di Careggi a Firenze dal 12 settembre, dopo che un infarto improvviso le ha bloccato il cuore. Ha 24 anni - più o meno l'età media del nostro gruppo giovani - e si sarebbe dovuta laureare dopo pochi giorni dall'infarto in architettura. E' una ragazza come tante, con le speranze e desideri racchiusi nel cuore, che vive in pienezza la fede e la gioia di essere con Lui. Altre notizie le potete trovare sul blog Lo straniero.
Ho deciso di pubblicare sul nostro blog l'ultima cosa che suo padre ha scritto, l'ho appena letta e ho le lacrime agli occhi per la commozione.
Non riesco ad aggiungere altro se non il titolo di questo post, la fede.
Con affetto,
Irene



La mia speranza per Caterina


Domani porteremo Caterina in un altro centro ospedaliero per iniziare la fase del risveglio (dopo che i bravissimi medici di Firenze le hanno salvato la vita). Abbiamo grande fiducia anche nei medici a cui la affidiamo. Ma sarà il momento più delicato e davvero avremo tanto tanto bisogno del soccorso della Madonna perché Caterina si svegli e stia bene.
Vi ringrazio ancora, dal profondo del cuore, per tutto il vostro affetto, le vostre preghiere incessanti e le vostre commoventi offerte di sacrifici: vi sarò debitore per tutta la vita.
Riporto qua sotto ciò che ho scritto a Maurizio Belpietro, Direttore di Libero, il giornale a cui collaboro, su questi giorni che ci aspettano.



Caro Direttore,
la mia Caterina ha occhi bellissimi. La sua giovinezza ora è distesa su un letto di luce e di dolore. E’ come una Bella addormentata. Ma crocifissa. Mi trovo involontariamente “inviato” nelle regioni del dolore estremo e in questo panorama dolente – se un angelo tiene a guinzaglio l’angoscia – ci sono diverse cose che mi pare di cominciare a capire.
La prima notizia è che il mio cuore batte. Il nostro cuore continua a battere. So bene che normalmente la cosa non fa notizia. Neanche la si considera. Finché non capita che a tua figlia, nei suoi 24 anni raggianti di vita, alla vigilia della laurea in architettura per cui ha studiato cinque anni, d’improvviso una sera il cuore si ferma e senza alcuna ragione. Si ferma di colpo (o, come dicono, va in fibrillazione).
Lì, quando ti si spalanca davanti quell’abisso improvviso che ti fa urlare uno sconfinato “nooooo!!!”, cominci a capire: è la cosa meno scontata del mondo che in questo preciso istante il cuore dei tuoi bimbi, il mio cuore o il tuo, amico lettore, batta.
Quante volte ho sentito don Giussani stupirci con questa evidenza: che nessuno fa battere volontariamente il proprio cuore. E’ come un dono che si riceve di continuo, senza accorgersi. Istante per istante dipendiamo da Qualcun Altro che ci dà vita…
C’illudiamo di possedere mille cose e di essere chissacchì, ma così clamorosamente non possediamo noi stessi. Un Altro ci fa. In ogni attimo. Vengono le vertigini a pensarci. Allora si può solo mendicare, come poveri che non hanno nulla, neanche se stessi, un altro battito e un altro respiro ancora dal Signore della vita (“Gesù nostro respiro”, diceva una grande santo).
Certo, si ricorre a tutti i mezzi umani e a tutte le cure mediche. Che oggi sono eccezionali e personalmente devo ringraziare degli ottimi medici, competenti e umani. Ma anch’essi sanno di avere poteri limitati, non possono arrivare all’impossibile, non potrebbero nulla se non fosse concesso dall’alto e poi se non fossero “illuminati” e guidati.
Rex tremendae majestatis… E’ Lui il padrone e la fonte della vita e di ogni cosa che è. E i nostri bambini e le nostre figlie sono suoi. E’ teneramente loro Padre. Allora – con tutte le nostre pretese annichilite e l’anima straziata – ci si scopre poveri di tutto a mendicare la vita da “Colui che esaudisce le preghiere…”.
Mendico di poter riavere un sorriso da mia figlia, uno sguardo, una parola… D’improvviso ciò che sembrava la cosa più ovvia e scontata del mondo, ti appare come la più preziosa e quasi un sogno impossibile… Son pronto a dare tutto, tutto quello che ho, tutto quello che so e che sono, darei la vita stessa per quel tesoro.
Ci affanniamo sempre per mille cause, obiettivi, ambizioni che ci sembrano così importanti da farci trascurare i figli. Ma oggi come appare tutto senza alcun valore al confronto dello sguardo di una figlia, alla sua giovinezza in piena fioritura…
Un gran dono ha fatto Dio agli uomini rendendoli padri e madri: così tutti possono sperimentare che significhi amare un’altra creatura più di se stessi. E così abbiamo una pallida idea del suo amore e della sua compassione per noi…
Caterina è una Sua prediletta, come tutti coloro che soffrono. Mi tornano in mente le parole di quella canzone spagnola cantata splendidamente dalla mia principessa e dedicata alla Madonna, “Ojos de cielo”, che dice: “Occhi di Cielo, occhi di Cielo/ non abbandonarmi in pieno volo”.
Riascolto il suo canto, con il nodo alla gola, come la sua preghiera: “Se guardo il fondo dei tuoi occhi teneri/ mi si cancella il mondo con tutto il suo inferno./ Mi si cancella il mondo e scopro il cielo/ quando mi tuffo nei tuoi occhi teneri./ Occhi di cielo, occhi di cielo,/ non abbandonarmi in pieno volo./ Occhi di cielo, occhi di cielo,/ tutta la mia vita per questo sogno…/ Se io mi dimenticassi di ciò che è vero/ se io mi allontanassi da ciò che è sincero/ i tuoi occhi di cielo me lo ricorderebbero,/ se io mi allontanassi dal vero./ Occhi di cielo..”.
E infine quell’ultima strofa che oggi suona come un presagio: “Se il sole che mi illumina un giorno si spegnesse/ e una notte buia vincesse sulla mia vita,/ i tuoi occhi di cielo mi illuminerebbero,/ i tuoi occhi sinceri, che sono per me cammino e guida./ Occhi di cielo…”.
E’ con questa speranza certa che subito ho affidato il mio tesoro e la sua guarigione nelle mani della sua tenera Madre del Cielo. Per le parole, chiare e intramontabili di Gesù che ci incitano “chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto”, che promettono “qualunque cosa chiederete al Padre nel mio nome, egli ve la darà” e che esortano a implorare senza stancarsi mai come la vedova importuna del Vangelo (che – se non altro per la sua insistenza – verrà esaudita).
Sappiamo che la Regina del Cielo è con noi: pronta ad aprirci le porte dei forzieri delle grazie. E’ lei infatti il rifugio degli afflitti e la nostra meravigliosa Avvocata che può ottenere tutto dal Figlio. Già il primo miracolo, a Cana, gli fu dolcemente “rubato” da lei che ebbe pietà di quella povera gente…
In questi giorni ho ricordato le pagine del Monfort e quelle di s. Alfonso Maria de’ Liguori, “Le glorie di Maria”. E’ stupefacente come duemila anni di santi e di sante ci invitano a essere certi del soccorso della Madonna perché “non si è mai sentito che qualcuno sia ricorso alla tua protezione, abbia implorato il tuo aiuto, abbia cercato il tuo soccorso e sia stato abbandonato” (S. Bernardo).
“Ogni bene, ogni aiuto, ogni grazia che gli uomini hanno ricevuto e riceveranno da Dio sino alla fine del mondo, tutto è venuto e verrà loro per intercessione e per mezzo di Maria” (s. Alfonso), perché così Dio ha voluto.
Infatti “nelle afflizioni tu consoli” chi in te confida, “nei pericoli tu soccorri” chi ti chiama: tu “speranza dei disperati e soccorso degli abbandonati”. Misero me se non la riconoscessi come Madre, convertendomi (questo significa: “sia fatta la tua volontà”) e lasciandomi guarire nell’anima. Per ottenere anche la guarigione del corpo.
Ma quanto è commovente accorgersi di avere una simile Madre quando si sente concretamente il suo mantello protettivo fatto dai tanti fratelli e sorelle nella fede, pronti ad aiutarti, dai giovani amici di Caterina, bei volti luminosi che condividono l’esperienza cristiana suscitata da don Giussani, dai tantissimi amici di parrocchie, comunità, dagli innumerevoli conventi di clausura e santuari – compresi radio e internet – dove in questi giorni si implora la Madonna per Caterina. Come non commuoversi?
Ho ricevuto decine di mail anche da persone lontane dalla fede che, per la commozione della vicenda di mia figlia, sono tornate a pregare, si sono riaccostate ai sacramenti dopo anni. E hanno compreso di avere una Madre buona che si può implorare e che non delude.
Ma è anzitutto della mia conversione che voglio parlare. Ci è chiesto un distacco totale da tutto ciò che non vale e non dura. Perché solo Dio non passa. Cioè resta l’amore.
Così quando ho saputo dei 4 mila bambini malati di un lebbrosario in India che, con i missionari (uomini di Dio stupendi e immensi), hanno pregato per la guarigione di Caterina, dopo l’emozione ho capito che quei bimbi da oggi fanno parte di me, della mia vita e della mia famiglia.
E così pure i poveri moribondi curati da padre Aldo Trento in Paraguay che hanno offerto le loro sofferenze per Caterina. Voglio aiutarli come posso.
Portando tutto il dolore del mondo sotto il mantello della Madre di Dio, affido a lei la guarigione di Caterina, perché torni a cantare “Ojos de cielo” per tutti i poveri della nostra Regina.
“Mia Signora, tu sola sei la consolazione che Dio mi ha donato, la guida del mio pellegrinaggio, la forza della mia debolezza, la ricchezza della mia miseria, la guarigione delle mie ferite, il sollievo dei miei dolori, la liberazione dalle mie catene, la speranza della mia salvezza: esaudisci le mie suppliche, abbi pietà dei miei sospiri, tu che se la mia regina, il rifugio, l’aiuto, la vita, la speranza e la mia forza” (S. Germano).

Antonio Socci
fonte: Libero (c) 6 ottobre 2009