martedì 15 dicembre 2015

8 dicembre 2015, l'apertura del centro nuovo, gioia infinita

A volte c'è proprio bisogno di fermarsi e fare come Maria di Betania, la sorella di Marta . È la sensazione che abbiamo sperimentato alla Fondazione MAiC nei primi giorni di dicembre.
Giorni pieni di affanni, passati ad organizzare il trasloco dalla storica sede di via San Biagio 102 alla nuova, intitolata ai "fratelli Carrara". Giorni pieni anche di felicità, per un progetto che trova il coronamento nell'avvio dei servizi a favore delle persone diversamente abili del nostro territorio, reso possibile grazie alla generosità della famiglia Carrara ed alla erogazione della Fondazione Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia. Giorni pieni di ansia per una nuova pagina di storia della Fondazione tutta da scrivere, con la grande responsabilità di dover far fruttare i talenti che ci sono stati donati. Il centro è intitolato alla memoria dei fratelli Carrara, imprenditori coraggiosi che hanno saputo tradurre i risultati aziendali anche in beneficio e crescita del territorio dove sono nati e vissuti.

Abbiamo trascorso davvero "giorni di Marta".  Eppure, giunti al termine di questo grande passaggio, abbiamo avvertito urgente il bisogno di assumere l'atteggiamento di Maria.
Perché abbiamo fatto tutto questo? E per chi?
Così, Paradossalmente, nei giorni della massima tensione al futuro, abbiamo guardato -direi: dovuto guardare! - al nostro passato, all'impegno operoso ed intelligente del laicato pistoiese che ha investito tante energie nella Fondazione; all'insegnamento spirituale di chi ne è stato la sua guida per tanto tempo, don Renato Gargini; all'amore di una zia per il nipote, un bambino con disabilità, che nel 1963 è stato l'origine di una avventura longeva e gratificante.

Dopo tanto lavorare, Ci siamo quindi ritrovati come Maria di Betania ad ascoltare la Parola ed a celebrare l'Eucaristia.

Il Vescovo, che ha celebrato l'Eucaristia per noi il 7 dicembre nella solennità dell'Immacolata Concezione di Maria, ci ha ricordato di non considerare la nostra nuova sede semplicemente come una "struttura". Ma di guardarla come una fucina di amore e dignità, di cura e sollievo. La bellezza della struttura deve diventare specchio e ispirazione per questo: "specchio" perché una struttura bella indica la bellezza di chi vi abita e vi cresce; "ispirazione", perché anche nei momenti di stanchezza, o di delusione, il bello che ci circonda stimola ad essere propositivi, amorevoli.
Il Vescovo ci ha richiamato anche all'importante nome che la nostra Fondazione ha. Quell'acronimo un po' strano, MAiC, Maria Assunta in Cielo è una vera e propria missione: seguire Maria nel suo dire sì alla vita nascente; nel suo esempio di madre, e di madre spesso chiamata a coltivare preoccupazioni ed a sperimentare il dolore; nel modello di santità, obbediente e lieta. Abbiamo posto nel nostro centro l'immagine della Annunciazione del Beato Angelico, che ci è sembrata la raffigurazione, tenera ed esigente, di una Madre che si accinge a dire un sì tanto impegnativo. La nostra missione è quella di essere vicino e di supporto ai "si" che ogni giorno tante madri e tante famiglie dicono alla vita, e lo confermano con convinzione quasi eroica, offrendo esempi di santità.

L'immagine dell'Annunciazione è stata portata in processione dalla cappella del vecchio centro al nuovo centro. La processione ha dato il senso della continuità fra il vecchio ed il nuovo ed ha voluto essere il segno del nostro radicamento sul territorio come "luogo di impegno e di amore" per la città intera.

Dal 9 dicembre il centro è divenuto totalmente operativo, ospitando oltre 140 persone con disabilità della provincia di Pistoia. Ogni mattina 60 professionisti della riabilitazione e dell'assistenza prestano la loro opera a servizio delle persone con disabilità in un questa sede (mentre altro 63 lavorano nelle altre
L'interno del centro nuovo

sedi della Fondazionr) Quando tutto ha iniziato a funzionare, ancora una volta eravamo pervasi dall'atteggiamento di Marta, ma i ragazzi del Centro ci hanno ricondotto subito, e con la loro immediatezza, all'essenziale. "Com'è bello il sole" ha esclamato Alba, baciata dai raggi  attraverso i vetri. "Non ho mai avuto una stanza così bella" ha detto Gabriella entrando nel nuovo ambiente di terapia. Massimo, invece, non parla e non vede, ma ha iniziato a toccare il vetro e sorrideva perché lo sentiva caldo o freddo a seconda dell'orientamento del sole. Marco, che di solito cerca il muro e sbattere la testa nel mistero del suo autismo, davanti alla trasparenza del vetro e del panorama circostante è rimasto incantato, ed ha sorriso, senza sbattere la testa.

Abbiamo allora trovato le risposte alle domande che ci eravamo fatti nei giorni frenetici del trasloco, ed abbiamo detto il
nostro grazie al Signore per averci fatto condotto a questo risultato così impegnativo. Dopo i giorni di Marta anche noi ci siamo seduti ai Suoi piedi, ascoltandone la Parola, arrivata anche tramite il cuore e l voce dei nostri ragazzi.

La benedizione di Sua Eccellenza il Vescovo Tardelli

Luca Gori

mercoledì 2 dicembre 2015

Sabati alla Comunità Maria Madre Nostra

 
 
 

 Sabati alla Comunità Maria Madre Nostra


Due parole con...
Irene Fato, di Pistoia, laureata a marzo in medicina e chirurgia, è volontaria alla Fondazione  Maria Madre Nostra dall'età di 15 anni, quando al ginnasio ha conosciuto questa realtà tramite don Diego Pancaldo.

Irene, ogni quarto sabato a partire dal mese di settembre la Comunità Maria Madre Nostra si ritrova per un momento di comunione e di preghiera. Come si potrebbero descrivere queste giornate?

Riunione dell'associazione..questo è il nome dei nostri incontri di ogni mese nella cappellina 
del centro MAIC, ma il nome è riduttivo, o meglio, dall'esterno è difficile immaginare cosa
avvenga e quali possano essere le emozioni che si provano. 
Durante la riunione vengono sì ricordati i principali appuntamenti imminenti e futuri 
ai quali partecipa la nostra comunità,ma viene anche fatto un momento di adorazione
 e riflessione su una tematica ogni volta diversa, guidati dalle letture proposte da don Diego, 
letture che spaziano dai discorsi di Papa Francesco ai libri di Edith Stein, 
sempre stimolanti e adatte al periodo che stiamo vivendo. 
E come si conclude ogni incontro? 
 
Questo momento di comunione si conclude con la cena, l'immancabile pizzata,
 e con il dopo cena danzante tra i sorrisi e l'allegria di noi tutti..ragazzi e volontari insieme
a ballare, a cantare e a divertirsi con gioia...perché si respira e si vive una gioia autentica 
che va ben oltre i balli che si fanno con la musica assordante in discoteca.. 
Questo che viviamo con i nostri ragazzi è un ballo 
fisico e del cuore, che "contagia" anche il pubblico dei meno giovani, le mamme dei nostri 
ragazzi sedute a chiacchierare e a guardarci ballare con un sorriso e un entusiasmo difficile 
da spiegare.

Vogliamo invitarvi: ogni quarto sabato dalle 18.00 Adorazione e preghiera, dalle 20.00 pizza 
e balli, canti... 

Provare per credere..
Irene Fato
 

sabato 5 settembre 2015

Pellegrini a Lourdes


La presenza di Maria nella storia emerge imprevista, in tempi difficili e luoghi marginali, per radicarsi attorno ai santuari grandi e piccoli. L’apparizione di Lourdes esprime perfettamente l’intreccio che il Mistero intrattiene con la storia. In una cittadina periferica del paese all’avanguardia nel pensiero laico e anticlericale, appena quattro anni dopo la solenne proclamazione del Dogma dell’Immacolata Concezione, Maria si presenta in perfetta lingua vernacola come «Imacolada Concepciou». Appare alla ragazzina più povera e ignorante del paese per comunicare pochi, ma decisivi messaggi: «andate alla fonte, bevete e lavatevi»; «Penitenza! Penitenza! Penitenza! Pregate Dio per i peccatori! Bacerete la terra in espiazione dei peccatori!»; «dite ai sacerdoti che si venga qui in processione e che si costruisca una cappella». E difatti i pellegrini di Lourdes fanno il bagno e bevono alle fontane l’acqua scaturita dalla sorgente, celebrano la messa nella grandi chiese del santuario, compongono processioni, pregano, si confessano, chiedono intercessione per i peccatori.
Il ribaltamento del mondo nel mondo qui trova una manifestazione visibile, immediata aperta a tutti, che pure non maschera la sua forza di contraddizione.


Anche la vicenda di Bernadette non va addolcita. Attorno ai suoi tratti, come capita a molti santi famosi, da san Francesco d’Assisi a San Filippo Neri, da Santa Caterina a Santa Teresa di Lisieux, cresce una letteratura devota, di deliziosi fioretti, semplicità e candore angelico. Ma l’irruzione di Dio in un’anima suscita contraddizioni evidenti con il mondo, dice tutta l’alterità di Dio e del Vangelo, frantuma ogni accomodamento. Durante le apparizioni Bernadette si butta a terra a mangiare l’erba di fronte alla grotta di Massabielle - la grotta dei maiali - come dicevano a Lourdes per l’abitudine di portarceli a pascolare. Bacia la terra, cammina in ginocchio, si cosparge di fango la faccia. Non ha paura di raccontare la sua verità di fronte al Commissario, con quella fermezza semplice che contraddistingue i santi e i testimoni, da quelli descritti negli Acta Martyrum fino ai perseguitati di oggi. La Vergine le conferma la durezza della sua esistenza («non ti prometto di farti felice in questo mondo, ma nell’altro»), ma Bernadette avanza nella fede in una profonda crescita spirituale che matura dopo il suo ingresso in monastero a Nevers. «Io non vivrò un istante senza amare, Colui che ama fa tutto senza pena, oppure ama la sua pena. Perché bisogna soffrire? Perché quaggiù il puro Amore non vive senza sofferenze. O Gesù, Gesù, io non sento più la mia croce quando penso alla vostra. L’amore trionfa, l’amore gioisce. L’amore del santo Cuore rende felici».
Collocare in Dio lo spazio del dolore è la grande sfida della vita cristiana. Questo avviene a Lourdes. La celebrazione eucaristica raccoglie attorno all’altare malati e disabili, dove il corpo piagato si confonde con l’eucarestia e la parola diventa sorgente d’acqua viva.



 «La vita cristiana – scrive ancora Santa Bernadette - non ha soltanto le sue lotte e le sue prove, essa ha anche le sue consolazioni. E se dal Tabor bisogna andare al Calvario, dal Calvario si ritorna al Tabor con Gesù. Là è una anticipazione del cielo. L’anima fa un solo cammino, dal Golgota al Tabor. Essa esce dal Golgota per andare a cercare forza e coraggio al Tabor. La vita è questa salita”.
Nella nostra realtà siamo esperti sempre stupiti di questa affermazione. Sul calvario di tante esistenze ci è spesso rivelato il Tabor della consolazione e della gioia. Questa scoperta ci rende l’esperienza di Lourdes particolarmente vicina e familiare. Nel tempo del pellegrinaggio, però, siamo ricondotti all’essenziale della nostra esperienza, tutti coinvolti nella dinamica della conversione, più svincolati da un servizio quotidiano fatto di assistenza e competenze. Sono i piccoli che, mano nella mano, prendono il sopravvento per condurci di fronte alle immagini e alle “forme” che toccano in profondità, smuovono le acque del cuore e commuovono. Penso alle preghiera di Fabio, prima di immergersi nella piscina, o all’imprevisto inginocchiarsi di M. durante la messa, che come la mamma, neppure è battezzata. Potrei aggiungere, tralasciando moltissimo, la gioia di Chiara o la fede forte e semplice di Maddalena.

Nella grande chiesa sotterranea, come lungo le processioni aux flambeux o attorno alla grotta, emergono i tratti di un mondo diverso, ma dalla composizione molto variegata: increduli, superstiziosi, curiosi, pellegrini forse poco formati nella fede, ma anche uomini e donne, volontari, sacerdoti e vescovi, trasformati dall’incontro con Dio. Un’amalgama singolare, che assume però una forma diversa, dove i piccoli, gli “scarti” del mondo, sono in prima fila da protagonisti. È la forma di un popolo che prega, ascolta, canta, cammina insieme. Una forma che evangelizza e invita a leggere e fare la storia in un modo tutto differente.

La radicalità del Vangelo non conduce all’esclusività, ad una proposta per pochi eletti. Radicalità e capacità attrattiva si combinano paradossalmente. Dove si annacqua il Vangelo non c’è più evangelizzazione. O non se ne avverte il bisogno. Con Maria radicalità e tenerezza si intrecciano nel segno della grazia. Aprono le nostre incongruenze all’azione misteriosa di Dio e dicono uno stile per l’annuncio. Maria, dunque, ci guida nella strada dell’evangelizzazione. Al termine della sua esortazione apostolica Evangelii Gaudium è il papa che ce la presenta così.


 Maria è colei che sa trasformare una grotta per animali nella casa di Gesù, con alcune povere fasce e una montagna di tenerezza. Lei è la piccola serva del Padre che trasalisce di gioia nella lode. È l’amica sempre attenta perché non venga a mancare il vino nella nostra vita. È colei che ha il cuore trafitto dalla spada, che comprende tutte le pene. Quale madre di tutti, è segno di speranza per i popoli che soffrono i dolori del parto finché non germogli la giustizia. È la missionaria che si avvicina a noi per accompagnarci nella vita, aprendo i cuori alla fede con il suo affetto materno. Come una vera madre, cammina con noi, combatte con noi, ed effonde incessantemente la vicinanza dell’amore di Dio. Attraverso le varie devozioni mariane, legate generalmente ai santuari, condivide le vicende di ogni popolo che ha ricevuto il Vangelo, ed entra a far parte della sua identità storica. Molti genitori cristiani chiedono il Battesimo per i loro figli in un santuario mariano, manifestando così la fede nell’azione materna di Maria che genera nuovi figli per Dio. È lì, nei santuari, dove si può osservare come Maria riunisce attorno a sé i figli che con tante fatiche vengono pellegrini per vederla e lasciarsi guardare da Lei. Lì trovano la forza di Dio per sopportare le sofferenze e le stanchezze della vita. Come a san Juan Diego, Maria offre loro la carezza della sua consolazione materna e dice loro: «Non si turbi il tuo cuore […] Non ci sono qui io, che son tua Madre?».

(Per vedere più foto..)
https://goo.gl/photos/GCZfGG7edJ9LdjL66


giovedì 30 luglio 2015

Un percorso nella gioia!

Tre giovani volontari raccontano la loro estate al Centro MAiC di Marina di Massa

Durante tutta l’estate, presso il Centro di riabilitazione della Fondazione Maria Assunta in Cielo di Marina di Massa, circa 150 giovani volontari vivono un’esperienza indimenticabile. Il servizio, aperto a tutti, coinvolge soprattutto giovani delle scuole superiori e universitari provenienti dalla provincia di Pistoia e oltre. L’attività, organizzata in turni di 15 giorni, si svolge a stretto contatto con i disabili e le loro famiglie. Proviamo a scoprire qualcosa in più con l’aiuto di tre giovani volontari.
Maria Chiara Grieco (18 anni), Lorenzo Niccoli (18 anni) e Gabriele Vaccaro (19 anni) svolgono da anni questo servizio.

Maria Chiara, come si vive una giornata al mare con i ragazzi del MAiC? Che cosa fa un volontario?

Maria Chiara
Ogni giorno trascorso al mare con i ragazzi del MAiC è un vero e proprio percorso di gioia. La prima tappa di questo iter gaudii si ha dopo i giochi della mattina sulla spiaggia e dopo le attività riabilitative del pomeriggio, e consiste nel bagno in mare, il momento più atteso fra tutti e nel quale tra un’onda e uno schizzo d’acqua si ammirano occhi e sorrisi scintillanti di una felicità tale da rimanere stupefatti e incantati.
Nei momenti di preghiera, ovvero il saluto a Maria, prima di pranzo e la preghiera della sera, ma soprattutto durante la Messa, è possibile contemplare una gioia diversa e più intima.
Infine, l’ultima tappa di questo viaggio nella gioia si svolge a sera, durante le attività organizzate dopo cena. Tra serate danzanti, giochi a squadre e cacce al tesoro, si ammira infatti una gioia festosa, travolgente, che a suon di musica è capace di creare un’armonia speciale.
In questo scenario gioioso si muove la figura del volontario, che ha il ruolo di affiancare e condividere con i ragazzi del MAiC questo viaggio, riscoprendo l’importanza dei piccoli gesti, anche quelli più semplici quali un abbraccio o un sorriso.

Che tipo di relazioni si instaurano con i ragazzi e le famiglie?

Con i ragazzi, grazie al loro entusiasmo e alla loro amorevolezza spontanea e travolgente, si instaurano relazioni di affetto sincero, ma soprattutto così toccante che un semplice abbraccio può davvero far vibrare ogni corda del proprio cuore. Ma la nota particolare e unica di tali relazioni risiede nello scoprire sorprendentemente che ciò che riceviamo dai ragazzi è sempre più grande di quello che noi doniamo loro.
Un altro grande insegnamento si riceve dalle famiglie che, nonostante le difficoltà e le mille sfide che si trovano ad affrontare, al mare vivono ogni giorno con il sorriso, riuscendo sempre a cogliere il bello di ogni momento, ponendosi come un valido modello di comportamento e di vita. È commovente vedere la forza d’animo e la tenacia che muove le famiglie, l’amore con cui si prendono cura costantemente dei propri figli e con cui si rivolgono ai volontari.
Gabriele e Lorenzo


Lorenzo, che cosa è possibile scoprire durante questi 15 giorni?

Grazie a questa esperienza abbiamo l’opportunità di capire il significato del comandamento di Gesù “Ama il prossimo tuo come te stesso”. Capiamo, infatti, chi è il prossimo, chi è il più piccolo e, grazie ai loro gesti, azioni e parole, sperimentiamo la carità e la vera gioia che essa ci dà. I ragazzi riescono a farci sentire amati e noi cerchiamo di fare altrettanto.
Non è detto che si possano capire tutte queste cose al primo colpo, ma una volta che riusciamo a farle proprie si scoprono una serenità e una gioia interiori immense.
Oltre all’amore si scopre la semplicità. Una volta tornati a casa tutto ciò che ci circonda ci appare eccessivo e di  conseguenza incominciamo a vivere le nostre giornate in modo meno frivolo, con maggiore intensità. Incominciamo ad apprezzare e a godere a pieno quanto Dio ci ha donato.
Infine ci viene data la gioia dello stare insieme, tra volontari e ragazzi/famiglie, tra volontari, tra volontari e operatori (coordinatori, oss, educatori, sacerdote). Si ha l’opportunità di fare nuove amicizie, senza badare a differenze psicofisiche e di età, e di cooperare per stare tutti bene e in armonia.
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Una volta provata questa esperienza nasce il desiderio di ripeterla..perché?

Non nasce semplicemente il desiderio di ripetere l’esperienza. Una volta che hai dato te stesso per il bene degli altri senti che qualcosa non va, ovvero che potevi fare di più, e farlo ancora meglio. Magari questa sensazione può sembrare sconfortante i primi tempi, tuttavia, una volta che hai capito il senso dell’amore nella carità, ti rendi conto che questo sentimento è un dono di Dio, è un vero e proprio invito a tornare per cercare di donare e accogliere ancora più gioia.

Gabriele, nonostante la giovane età, hai ormai alle spalle molti anni di servizio come volontario. Puoi spiegarci come ci si prepara all’esperienza del soggiorno estivo presso il centro MAiC?

Il soggiorno estivo al MAiC può esser preparato attraverso molteplici attività che si svolgono presso il centro di Pistoia, come l’ora di catechismo che si tiene con cadenza settimanale durante il periodo scolastico, utile per instaurare un primo rapporto con il mondo della disabilità.
Nei giorni che precedono l’apertura della stagione estiva, inoltre, sono organizzati degli incontri con alcuni operatori al fine di introdurre i volontari alle problematiche e alle situazioni che incontreranno, nonché per spiegare le esigenze e il programma di una giornata tipo al mare.
Le informazioni pratiche devono altresì essere supportate da una imprenscindibile preparazione interiore del singolo volontario, il quale, durante il soggiorno, deve esser pronto a dare la precedenza alle necessità del proprio assistito, prestando particolare attenzione al suo comportamento e all’importanza di stabilire con lui un rapporto di vera amicizia. Tale relazione, se ricercata e approfondita con dedizione ed impegno, aiuta il volontario ad accedere ad una dimensione inedita di cosa significhi “avere un amico”, attuando un autentico “scambio di doni”.
Il nostro sopperire alle necessità dell’assistito, che si manifestano anche nelle più semplici azioni quotidiane, viene ricompensato con un sorriso, un abbraccio e con il toccante sentimento di un affetto autentico che solo loro, dotati di straordinaria sensibilità, sono in grado di regalare.

L’attività di volontariato svolta a Marina di Massa ha aiutato il tuo cammino di fede?

Tutto ciò ha contribuito in me a dare una significativa svolta al mio percorso di fede, aiutandomi a comprendere quale sia la gioia del donare attimi del proprio tempo e ad essere parte integrante di una relazione che va ben al di là della semplice amicizia, per assumere giorno dopo giorno i tratti di una vera lode al Signore, permessa dall’entusiasmo coinvolgente e dalla profondità di sentimenti di cui i ragazzi della MAiC sono abili maestri, oltre che perfetti esempi.
L’esperienza del soggiorno estivo lascia una traccia indelebile e contribuisce a far emergere aspetti tanto inesplorati quanto essenziali della nostra esistenza. Mi riferisco alla dimensione della pazienza, che ci insegna a rispettare e ad adeguarsi alle tempistiche e al ritmo di questi fratelli nelle varie fasi della giornata, alla freschezza dell’inventiva costantemente alla ricerca di nuovi modi per stimolare la loro comunicazione e la loro espressione (ad esempio, con attività come il disegno o la danza), all’importanza dell’attenzione verso qualsiasi loro gesto o parola con l’obiettivo di comprendere che cosa intendono dirci. Ognuna di queste caratteristiche, così sollecitate durante i quindici giorni trascorsi al mare, hanno costituito per me un bagaglio di esperienza assai prezioso che mi ha consentito di affrontare con maggior serenità e consapevolezza alcune tappe della mia crescita e che, se coltivate ancora, mi permetteranno di costruire delle fondamenta di sicura solidità per lo sviluppo del mio avvenire.

giovedì 9 luglio 2015

“LUCE DELLA CITTA'”, IL NUOVO CENTRO PER RAGAZZI DISABILI DELLA FONDAZIONE MARIA ASSUNTA IN CIELO

Mi ricordo di quando don Renato Gargini iniziò a parlare del centro nuovo che doveva essere costruito per i ragazzi. Le sue idee avevano sempre il sapore di un’intuizione improvvisa e di una necessità improrogabile. Era necessario un centro più grande, all’avanguardia, un centro che sapesse essere punto di riferimento per i suoi piccoli, i suoi ragazzi, le loro famiglie. Avrebbe dovuto essere il meglio della ricerca scientifica riabilitativa e, insieme, della bellezza. Don Renato sapeva vedere avanti, oltre le difficoltà, avendo nel cuore orizzonti sempre più nuovi e più belli.
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In questi giorni di fine giugno la presentazione del nuovo centro della Fondazione Maria Assunta in Cielo, dedicato ai fratelli Carrara è stata in primo luogo una festa durante la quale i ragazzi e le famiglie hanno ricordato con grande affetto e commozione don Renato. Il centro nuovo, che sorge dietro la sede storica della Fondazione di San Biagio, nella sua architettura contemporanea vuole essere “un abbraccio” accogliente per tutti coloro che lo abiteranno e segno di speranza per tutta la città, aperto alla cura dei più deboli e alla vita. Tutti coloro che sono passati anche solo per curiosità dal centro hanno espresso sentimenti di stupore, di meraviglia, di gratitudine.
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Il 24 giugno la nuova struttura è stata presentata ai ragazzi e alle famiglie durante l’annuale festa dell’estate, occasione di incontro e di bilancio per un anno trascorso insieme. I ragazzi che dalle finestre ogni giorno sbirciavano il progredire dei lavori, con curiosità e orgoglio hanno varcato la soglia del nuovo centro: nei loro occhi si vedeva la felicità. Il 25 giugno il vescovo della nostra città, Mons. Tardelli, ha celebrato la S. Messa nell’auditorium: durante l’omelia ha voluto ricordare come quest’opera voluta dal Signore è dimora di Dio, immagine della Gerusalemme celeste, “luogo dove si cerca di amare, di volerci bene, di venirci incontro come Dio ci ha insegnato. Dove si sperimenta l’amore, la dolcezza, la tenerezza, la maternità di Maria.” Nel pomeriggio sono stati presentati i lavori alle autorità della provincia e del comune, sottolineando il ruolo fondamentale nella presa in carico delle problematiche dei ragazzi disabili e delle loro famiglie che la Fondazione svolge nel territorio. La giornata si è conclusa con l’apertura del centro a tutta Pistoia: è stata una serata bella e intensa, dove lo spettacolo di acqua, luci e fuoco ha stupito tutti nella sua creatività.
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Prendendo a prestito le parole di sua Eccellenza “questa è la casa del Signore, la casa di Maria, la casa di tutti noi”, possiamo dire che davvero il nuovo centro è anche la nostra casa per la quale ci siamo commossi nel vederla portata a termine e nella quale racchiudiamo un pezzo del nostro cuore, della nostra vita. Luogo di gioia, luogo di pace e di speranza nel Signore.


IRENE GINANNI

martedì 30 giugno 2015

Ora insieme

Pubblichiamo di seguito uno scritto di Don Renato Gargini di qualche anno fa ma ancora attuale.


ORA INSIEME

Al volontario che viene a Santa Maria Assunta dell'AIAS per vivere un'esperienza di quindici giorni al mare, in modo particolare a chi lo fa per la prima volta.

Hai sentito parlare di persone handicappate. Tutti ne parlano. Prima il silenzio: si nascondevano le persone handicappate.
Oggi si analizzano, si curano, si discutono. I giornali, il cinema, la TV con frequenza ne fanno riferimenti, anche se non sempre puntuali.
Cominciò quell'ineffabile personaggio di Gelsomina nel film “La strada” di Fellini, a liberare, dalla stanza nascosta, il ragazzo handicappato, mentre la famiglia faceva la festa della trebbiatura.
Lo scoprì e lo fece sorridere, rendendolo alla festa della comunione dei bambini.
Oggi c'è ovunque il tentativo di rendere le persone handicappate alla scuola, alle strade, ai supermercati, alle feste, al teatro, al lavoro, agli uffici, a una famiglia, alla politica.
C. Nolan, tetraparesi spastico è riuscito ad andare oltre e a portare l'handicap dentro le classifiche dei premi mondiali, scrivendo un libro “Sotto l'occhio dell'orologio”, che si pone come guida alla comprensione del mistero della vita per ogni uomo. Senza fare cenno agli handicappati, anche premi Nobel, che si distinguono nelle scienze.
Ora, insieme per quindici giorni c'è l'impegno non solo a parlarne, ma a coinvolgersi per una esperienza che può diventare paradigmatica per la tua esistenza.
Una svolta per uscire da te e ritrovarti più ricco, perdendoti e più capace di non disperdere la tua vita, imparando a donarla.
La prima cosa che ti succederà è la scoperta della necessità dell'esame di coscienza. Avvertirai quanto tempo hai perduto. Potresti sapere di più, essere più creativo e capace di inventare soluzioni, progetti di un modo nuovo di essere. Ti accorgerai che non hai “pensato grande”. Il grande mistero della vita, della storia ti è rimasto estraneo, perché troppe volte sei rimasto irretito dall'handicap sociale del consumismo dell'edonismo, dell'egoismo: i suffissi in ismo li scoprirai come handicap dell'uomo.
Avvertirai, insomma, che non sei ancora entrato nel profondo del centro di te stesso. C'è da augurarsi che ti nasca nel cuore un grande desiderio di cambiare mentalità (Atti 3, 19-21) e di convertirsi (Mat. 18, 1-4).
la seconda cosa che irromperà in questa tua esperienza è l'urgenza inarrestabile di amare. L'intima essenza dell'uomo è l'amore, nella verità. Un amore che trova le modalità per crescere e diffondersi, un amore la cui patria è l'altro in Dio.
Per l'amore è pericoloso Platone. Il maestro vero è Gesù che prima fece e poi insegnò.
Per “fare” l'amore è necessario conoscere. Ti sarà di somma utilità, qui al mare, l'incontro dopo pranzo con gli altri, insieme agli operatori. Conoscerai quello che dicono gli esperti sulla persona a cui dovrai dare la tua ricchezza in questi 15 giorni. Successivamente dovrà aggiungersi anche lo scambio reciproco di quello che hai conosciuto nella tua condivisione ogni giorno, in camera, al ristorante, sulla spiaggia, nel parco, nelle gite, nell'attività ludica e ricreativa.
Per conoscere occorre ascoltare, osservare, scambiare.
La vera conoscenza si ha effettivamente nel servizio con amore. Se ti limiterai a “guardare” non arriverai a conoscere: hai occhi e non vedi. Se risponderai alle esigenze della persona a te affidata, capirai che cosa significa essere interpellato. Le esigenze che ti vengono manifestate sono le vere domande a cui occorre rispendere per passare all'esame difficile della vita: si risponde quanto più si sa. Ma si sa quanto più il conoscere diventa esperienza. Il Verbo che si fa carne è il codice genetico, inscritto nella vita soprannaturale di ogni cristiano.
La terza cosa che ti sarà chiesta, anzi invocata, è la collaborazione che dovrai umilmente apprendere e poi dare, ai genitori, agli operatori, le maestre, i terapisti, il medico.
Oltre l'attenzione preliminare alle indicazioni globali della Direzione: Presidente, Dottoressa Direttrice Medica, Psicologa, Coordinatrice, ti sarà chiesto:
  1. l'aiuto all'inventività pomeridiana del lavoro didattico, della comunicazione nell'interscambio, nell'impegno per le attività, i lavori, gli oggetti che dovranno essere esposti e donati nella serata finale;
  2. la partecipazione ai giochi terapeutici e alla vera e propria terapia ludica sulla spiaggia e con il bagno nel mare;
  3. la esplorazione di ambienti e di esperienze che possano essere visitate nelle eventuali micro-passeggiate del pomeriggio;
  4. la messa in comune di tutte le tue doti artistiche (chitarra, organo, mimo, lettore, intrattenitore etc.) per costruire e realizzare le serate-incontro del dopo cena;
  5. l'attenta e gioiosa disponibilità all'ascolto dei genitori, alle loro esigenze di riflettere sulla loro difficile vocazione, di sentirsi sollevati, animati, sorpresi da una amicizia fresca che li rinfranca;
  6. la condivisione con i tuoi compagni di tutta la complessità di questa esperienza guidata e diretta dal Coordinatore dei volontari.
La quarta cosa ti sarà donata, ed è l'adorazione di Dio nel mistero dei nostri ragazzi. Non c'è solo l'esempio di E. Mounier che arriva ad adorare la sua piccola ostia bianca, come chiama la sua figlia cerebrolesa. Quante mamme e quanti operatori sono anche oggi riempiti di questo dono dello Spirito.
Ci si arriva soltanto quando uno è giunto ad abitare il profondo del centro di se stesso, cioè Dio che inabita misteriosamente e interagisce dinamicamente nel cristiano. Allora sarà più agevole inchinarsi dinnanzi al mistero del Corpo e del Sangue donato di Gesù in agonia nei nostri ragazzi, in modo particolare nei “cosiddetti gravi”, che diventano per l'occhio del credente, uniti al Crocifisso, il dinamismo propulsivo della storia del mondo.
L'uomo è chiamato a seguire Gesù che passò facendo del bene, sanando tutti e invitandoci a fare cose ancora maggiori delle sue.
Portando avanti, nel nostro ambito, il processo integrativo e riabilitativo di coloro che sono handicappati, si risponde a questo invito.
Adorando Gesù Cristo, presente in loro, si crea un movimento che raduna tutte le forze per cambiare la vita a partire da loro.
Per arrivare a queste profondità la vita al mare propone di “fare il cielo in terra”, nell'esperienza centrale della liturgia nei seguenti momenti comunitari e a gruppi:
  1. Al mattino celebrazione delle lodi con la partecipazione di coloro a cui resta possibile secondo i diversi ritmi quotidiani. Devono essere preparate con i canti e con le parole del Coordinatore di commento alla lettura, che possano dare il tono alla giornata.
  2. Un quarto d'ora prima del pranzo il saluto a Maria, con particolare riferimento ai piccoli e ai genitori. Un'Ave, un pensiero, le intenzioni, un canto.
  3. Un'ora prima della cena la celebrazione eucaristica: canti, suono, intenzioni, letture, servizio vanno preparati nella catechesi narrativa, che si fa in giardino ogni sera, per far comprendere il rapporto fra vita e liturgia.
  4. Dopo la serata ricreativa, recita della Compieta, con la buonanotte e un canto.
  5. A gruppi, secondo il desiderio e l'iniziativa propria, recita del Rosario, nel tempo ritenuto opportuno, tanto nella mattina quanto nel pomeriggio.
  6. Singolarmente ciascuno è caldamente invitato a recitare i Vespri, e a non dimenticare un momento anche se breve, di adorazione all'Eucarestia durante la giornata.
In questi quindici giorni non si deve mai perdere di vista la serata di addio, che permette di esprimere la gioia di stare insieme. Ma le vera conclusione è quella che ha inizio fin dal primo giorno e che riabilita tutti quasi come un laboratorio, non solo a progettare spazi e opportunità per far entrare le persone handicappate nella vita scolastica, lavorativa, sociale, ecclesiale, ma anche a cambiare la vita e a fare nuova la convivenza dei popoli, a partire dalle e con le persone handicappate.
Esse infatti vengono sempre più a configurarsi come la cattedra – come dice Giovanni Paolo II il Papa dei giovani – da cui vengono gli insegnamenti per reinventare un modo nuovo di vivere, che generi sviluppo nella solidarietà, efficacia nella sussidiarietà e festa nella comunione viva con la terra e con l'uomo, tutto l'uomo, tutti gli uomini.
È possibile realizzare questa esperienza?
Pensa a quello che dice S. Juan de le Cruz:
Gocémonos, Amado,
y vàmonos a ver en tu hermosura
al monte y al collado,
do mana ei agua pura;
entremos màs adentro en la espesura.
È la strofa 36 del Cantico spirituale.
La tradurremo insieme, lasciandoci guidare da un maestro che soleva dire: Quanto più cresce l'amore del prossimo, tanto più aumenta quello verso il Signore; quanto più aumenta quello per il Signore, tanto più cresce quello per il prossimo. (3 S 23,1)
Un'esperienza dunque la tua che ti apre a una autentica partecipazione all'università della Chiesa sparsa in tutta la terra, in modo preferenziale fra le persone svantaggiate, a continuare l'offerta volontaria di Gesù Cristo a vantaggio dell'uomo.
É in questa esperienza che potrai comprendere la parola del Signore: c'è più gioia nel dare che nel ricevere.



Nella sezione "Link" che trovate sul lato sinistro del blog, vi è la versione scaricabile del libretto.

mercoledì 24 giugno 2015

Luce della città




" Tutto quello che avete fatto a uno di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me. " (Mt.25,40)

Giovedì 25 giugno 2015 la Fondazione Maria Assunta in Cielo Onlus presenta alla città il nuovo centro realizzato grazie alle donazioni della Fondazione Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia e della famiglia Carrara.

Sarà un momento importante per i ragazzi e le loro famiglie,  ma anche per tutta Pistoia. 

Il centro, pensato e voluto da don Renato per primo, sarà casa accogliente per i più piccoli della nostra città, sollievo e speranza per i genitori,  faro e luce per tutti coloro che cercano l'essenziale della vita. 

Bellezza e carità si potranno vedere, toccare, assaporare.
Venite e vedrete!

Programma della giornata:

10.00 - S. Messa presieduta da S.E. Mons. Tardelli, vescovo di Pistoia
21.15 - Presentazione alla città e spettacolo di luce, acqua e fuoco


 
Conferenza stampa

venerdì 19 giugno 2015

"Quale scienza per quale vita?"

"Quale scienza per quale vita?" 



Scienza, comunicazione, rispetto per la vita, amore, gioia: queste alcune delle tematiche affrontate al convegno "Quale scienza per quale vita?" organizzato dall'Associazione Scienza e Vita che si è tenuto a Roma, alla fine del maggio scorso, durante il quale don Diego Pancaldo ha realizzato alcune interessanti interviste tra cui Ricci Sindoni (Presidente Scienza  e Vita), Mons. Angelo Bagnasco, Domenico Delle Foglie (Direttore Sir), Davide Rondoni (Scrittore), Adriano Fabris (Prof. Filosofia Morale, Univ. di Pisa), Padre Faggioni (Prof. Bioetica, Univ. Alfonsiana)


http://www.tvl.it/programmi/ora-insieme

martedì 16 giugno 2015

Pavel Florenskij, maestro di vita




A colloquio con Irene Ginanni, relatrice agli incontri seminariali Ordo Amoris. Questioni di filosofia e teologia contemporanee tenuti alla Biblioteca San Giorgio di Pistoia tra aprile e maggio 2015 (Intervista da La Vita, 15 giugno 2015)



Come mai hai voluto dedicare il tuo intervento alla figura di Pavel Florenskij?


Ho incontrato la figura di Pavel Florenskij durante gli anni dell’Università a Firenze e sono rimasta così affascinata dalla bellezza e dalla profondità del suo pensiero da scegliere questo “gigante della filosofia” per il lavoro finale di tesi. Quando suor Antonella Spitaleri mi ha chiesto se volevo partecipare agli incontri dedicati quest’anno al tema dell’amore, mi è sembrato naturale proporre Florenskij come guida per approfondire tale tematica. Dal mio punto di vista, egli riesce ad offrire una riflessione sull’amore come via gnoseologica per giungere alla Verità che apre orizzonti nuovi non solo teorici e speculativi, ma anche concreti per orientare la propria vita. Il fascino di autori come Florenskij è proprio questo: riuscire a calare le questioni fondamentali della filosofia nel tessuto quotidiano della vita, all’interno di essa e in aiuto ad essa. Vita e pensiero testimoni della Verità.


Chi è Pavel Florenskij?
Non è semplice da sintetizzare la sua grande personalità…Pavel Aleksandrovič Florenskij (1892-1937) è stato un matematico e un filosofo, un fisico e un teologo, un linguista, un inventore, un poeta, uno studioso di icone. Accostarsi alla sua vita e alla sua opera è come intraprendere un cammino in “continenti” diversi fra loro, all’apparenza privi di un nesso comune. Questa molteplicità di discipline affrontate, lontane dall’essere espressione di un dilettantismo scevro da analisi rigorose e approfondite, testimonia lo spirito e il fine ultimo con il quale egli ha sempre condotto le sue ricerche e la sua riflessione: la tensione alla verticalità, alla ricerca delle stratificazioni dell’Essere e della Verità nei livelli d’espressione che possono incontrarsi nei fenomeni di volta in volta studiati. Descritto più volte come il Leonardo russo, credo sia interessante la similitudine con cui molti studiosi tentano di interpretare l’opera florenskiana: essa, simile a una musica polifonica, possiede la “capacità di condensare nello stesso istante più suoni e più voci, organizzandoli in modo che non si abbia né un assembramento disordinato, né una semplice sommatoria, ma una struttura dalla quale scaturisce un incremento di significato.”(Tagliagambe, Come leggere Florenskij) Proprio questo incremento di significato può ancora giungere ai nostri giorni con tutta la sua forza e bellezza. 

Giovanni Paolo II lo ha indicato come esempio d’incontro fra la ricerca filosofica-scientifica e l’esperienza di una fede profonda (Fides et ratio, 74). Benedetto XVI ha citato un bellissimo passo del suo testamento spirituale scritto nel gulag delle isole Solovki: “Osservate più spesso le stelle. Quando avrete un peso nell'animo, guardate le stelle o l'azzurro del cielo. Quando vi sentirete tristi, quando vi offenderanno,...intrattenetevi col cielo. Allora la vostra anima troverà la quiete" (Non dimenticatemi). La sua vita eccezionale ha avuto anche “un destino eccezionale nella sua tragicità”: Florenskij fu arrestato come nemico dello stato sovietico nel 1933 e imprigionato prima nel lager di Skovorodino e, dal 1936, in quello delle “isole dell’inferno”, le isole Solovki. Fu poi fucilato l’8 dicembre del 1937. La sua anima ormai “sorda” a tutto ciò che lo circondava, sprofondata nell’estremo nulla, fu luce splendente per i suoi compagni di prigionia, testimone di Dio nell’abisso.


Tornando al tema del tuo intervento, come si colloca il pensiero di Florenskij sull’amore?

Durante l’incontro ho cercato di mettere in evidenza l’aspetto gnoseologico dell’amore poiché, come dicevo prima, la riflessione florenskiana è veramente vasta ed è necessario fare una scelta. C’è una frase nell’opera dedicata alle icone Le porte regali che, secondo me, rende chiaro in quale prospettiva debba essere compreso l’amore: “La conoscenza effettiva della verità è pensabile nell’amore e soltanto nell’amore, e viceversa, la conoscenza della verità si manifesta attraverso l’amore.” Solo l’amore è capace di una conoscenza innescata dallo stupore e dalla meraviglia: essa è la dimensione dell’accadere e dell’incontro di un’anima verso un’altra aperta al dono di sé. Solo in questa partecipazione è possibile giungere alla Verità: non attraverso un ragionamento teorico o un percorso intellettualistico ma grazie a quell’atto che coinvolge la persona nella sua interezza, che la conduce fuori da sé stesso e che la predispone all’accoglienza. “Tutto può l’amore”. Florenskij è riuscito ad assumere l’esperienza teorica e pratica dell’amore come cardine di un nuovo pensare, evitando il rischio di sistemi sterili come il positivismo e, dall’altro, di fughe spiritualistiche. L’amore è la chiave interpretativa della realtà del mondo e dell’uomo che ci fa avvicinare alla vera fonte, al vero Essere, alla Verità. (Cf. Valentini, Pavel A. Florenskij). 





Brevi cenni biografici




·         Pavel Aleksandroviĉ Florenskij nasce il 9 gennaio 1882 ad Evlach, piccola cittadina nel governatorato di Elizavetpol’, nell’attuale Azerbajdzan.

·         Si diploma nel 1900 al Liceo Classico della città di Tblisi e si iscrive alla Facoltà di Matematica e Fisica di Mosca, dove si laurea nel 1904. Rinuncia alla cattedra di Matematica Pura che gli viene offerta.
·         Conversione religiosa, si iscrive all’Accademia Teologica di Mosca. Dal 1908 tiene all’Accademia i corsi di Storia della filosofia antica. Nel 1910 si sposa e nel 1911 viene ordinato diacono e poi sacerdote. Tra il 1913 e il 1917 maturano i fondamenti del suo pensiero.
·         Alla chiusura dell’Accademia Teologica di Mosca nel 1917 dopo la Rivoluzione di ottobre, tiene i corsi di Teoria dello Spazio presso la Facoltà Poligrafica del Vchutemas di Mosca. Nel 1921 torna ad occuparsi della ricerca più propriamente scientifica, sia lavorando presso il Consiglio Superiore dell’Economia Nazionale (VSNCh), sia come collaboratore nell’Amministrazione centrale per l’elettrificazione della Russia. Dal 1927 al 1933 dirige l’Enciclopedia Tecnica russa e scrive egli stesso centoventisette voci; partecipa ai laboratori di ricerca sui materiali elettroisolanti, tiene conferenze, manda avanti un’intensa ricerca e sperimentazione scientifica.
·         Nell’aprile del 1928 il monastero della Trinità di San Sergio, dove Florenskij abitava, viene preso di mira come uno degli obiettivi pericolosi per il nuovo governo di Stalin in quanto “culla dell’oscurantismo clericale” e ritrovo di uomini nemici dello Stato e per questo ritenuto da distruggere. Florenskij viene arrestato il 21 maggio di quell’anno. Viene rilasciato pochi mesi dopo.
·         Il 26 febbraio del 1933 viene arrestato nella sua casa di Mosca. Il 6 luglio del 1933 Pavel Florenskij viene condannato a dieci anni di lager con l’accusa di “propaganda e partecipazione ad organizzazione controrivoluzionaria”. Dopo un periodo di tre mesi nel carcere della Lubjanka a Mosca, viene trasferito nella Siberia occidentale presso il BAMlag di Skovorodino, un lager finalizzato alla costruzione della ferrovia Baikal-Amur e sede della “stazione Sperimentale dei Ghiacci” dove è assegnato al reparto della ricerca scientifica. Florenskij, seppur in pessime condizioni fisiche e soprattutto psicologiche, riesce comunque a dare un significato alla propria vita partecipando attivamente ai laboratori di ricerca, soprattutto riguardo allo studio sul gelo perpetuo e sugli anticongelanti, e mantenendo con la famiglia e con gli amici uno stretto rapporto epistolare.
·         Nell’ottobre del 1934 viene trasferito nelle isole Solovki dove era nato il primo gulag sovietico. Viene fucilato presso Leningrado l’8 dicembre del 1937.
 



Brevi cenni bibliografici



Pavel A. Florenskij, La colonna e il fondamento della verità, a c. di N. Valentini, San Paolo, Cisenello Balsamo (Mi), 2010

ID., Le porte regali. Saggio sull’icona, a c. di E. Zolla, Adelphi, Milano 1977
ID., Lo spazio e il tempo nell’arte, a c. di N. Misler, Adelphi, Milano 1995
ID., Il cuore cherubico. Scritti teologici e mistici, a. c. di N. Valentini e L. Zàc, tr. it. di R. Zugan, Casale Monferrato, Piemme 1999
ID., Il significato dell’idealismo, a. c. di N. Valentini, Rusconi, Milano, 1999
ID., “Non dimenticatemi”. Dal gulag staliniano le lettere alla moglie e ai figli del grande matematico, filosofo e sacerdote russo, a c. di N. Valentini e L. Zàc, tr. it. di G. Guaita e L. Charitonov, A. Mondadori, Milano 2003
ID., Ai miei figli. Memorie di giorni passati, a c. di N. valentini e L. Zàc, tr. it. di Zonghetti, A. Mondadori, Milano 2003
ID., La mistica e l’anima russa, a c. di N. Valentini e L. Zàc, San Paolo, Cisinello Balsamo, (Milano) 2006
ID., Il simbolo e la forma. Scritti di filosofia della scienza, a c. di N. Valentini e A. Gorelov, Bollati Boringhieri, Torino 2007
ID., Stratificazioni. Scritti sull’arte e sulla tecnica, a c. di N. Misler, tr. it., di V. Parisi, Diabasis, Reggio Emilia 2008