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martedì 27 marzo 2012

Chi ci parla di Gioia?



Cari amici, ma chi ci parla di gioia?
Papa Benedetto continua a farlo con una certa insistenza. Certo suona almeno curioso che a (quasi) 85 anni si possa parlare di gioia ai giovani. Come se vostro nonno continuasse a ripetervelo ogni volta che vi vede! Al nipote medio verrebbe da pensare: o al nonno gl'è presa bene ..oppure qualche segreto l'avrà scoperto davvero!
Del papa, per fortuna, non abbiamo bisogno di dubitare!
Vi "incollo" qualche passaggio del Messaggio per la Giornata Mondiale della Gioventù di quest'anno, intitolata, non a caso: "Siate sempre lieti nel Signore!" (Fil. 4,4).
Mi sembra una buona preparazione per la..gioia Pasquale!



Trovare e conservare la gioia spirituale nasce dall’incontro con il Signore, che chiede di seguirlo, di fare la scelta decisa di puntare tutto su di Lui. Cari giovani, non abbiate paura di mettere in gioco la vostra vita facendo spazio a Gesù Cristo e al suo Vangelo; è la strada per avere la pace e la vera felicità nell’intimo di noi stessi, è la strada per la vera realizzazione della nostra esistenza di figli di Dio, creati a sua immagine e somiglianza.
Cercare la gioia nel Signore: la gioia è frutto della fede, è riconoscere ogni giorno la sua presenza, la sua amicizia: «Il Signore è vicino!» (Fil 4, 5); è riporre la nostra fiducia in Lui, è crescere nella conoscenza e nell’amore di Lui. L’«Anno della fede», che tra pochi mesi inizieremo, ci sarà di aiuto e di stimolo. Cari amici, imparate a vedere come Dio agisce nelle vostre vite, scopritelo nascosto nel cuore degli avvenimenti del vostro quotidiano. Credete che Egli è sempre fedele all’alleanza che ha stretto con voi nel giorno del vostro Battesimo. Sappiate che non vi abbandonerà mai. Rivolgete spesso il vostro sguardo verso di Lui. Sulla croce, ha donato la sua vita perché vi ama. La contemplazione di un amore così grande porta nei nostri cuori una speranza e una gioia che nulla può abbattere. Un cristiano non può essere mai triste perché ha incontrato Cristo, che ha dato la vita per lui.

Cari amici, la gioia è intimamente legata all’amore: sono due frutti inseparabili dello Spirito Santo (cfr.Gal 5, 23). L’amore produce gioia, e la gioia è una forma d’amore. La beata Madre Teresa di Calcutta, facendo eco alle parole di Gesù: «si è più beati nel dare che nel ricevere!» (At 20, 35), diceva: «La gioia è una rete d’amore per catturare le anime. Dio ama chi dona con gioia. E chi dona con gioia dona di più». E il Servo di Dio Paolo VI scriveva: «In Dio stesso tutto è gioia poiché tutto è dono» (Esort. ap. Gaudete in Domino, 9 maggio 1975).
Pensando ai vari ambiti della vostra vita, vorrei dirvi che amare significa costanza, fedeltà, tener fede agli impegni. E questo, in primo luogo, nelle amicizie: i nostri amici si aspettano che siamo sinceri, leali, fedeli, perché il vero amore è perseverante anche e soprattutto nelle difficoltà. E lo stesso vale per il lavoro, gli studi e i servizi che svolgete. La fedeltà e la perseveranza nel bene conducono alla gioia, anche se non sempre questa è immediata.
Per entrare nella gioia dell’amore, siamo chiamati anche ad essere generosi, a non accontentarci di dare il minimo, ma ad impegnarci a fondo nella vita, con un’attenzione particolare per i più bisognosi. Il mondo ha necessità di uomini e donne competenti e generosi, che si mettano al servizio del bene comune. Impegnatevi a studiare con serietà; coltivate i vostri talenti e metteteli fin d’ora al servizio del prossimo. Cercate il modo di contribuire a rendere la società più giusta e umana, là dove vi trovate. Che tutta la vostra vita sia guidata dallo spirito di servizio, e non dalla ricerca del potere, del successo materiale e del denaro.

Vorrei richiamare un terzo elemento per entrare nella gioia dell’amore: far crescere nella vostra vita e nella vita delle vostre comunità la comunione fraterna. C’è uno stretto legame tra la comunione e la gioia. Non è un caso che san Paolo scriva la sua esortazione al plurale: non si rivolge a ciascuno singolarmente, ma afferma: «Siate sempre lieti nel Signore» (Fil 4, 4). Soltanto insieme, vivendo la comunione fraterna, possiamo sperimentare questa gioia. Il libro degli Atti degli Apostoli descrive così la prima comunità cristiana: «spezzando il pane nelle case, prendevano cibo con letizia e semplicità di cuore» (At 2, 46). Impegnatevi anche voi affinché le comunità cristiane possano essere luoghi privilegiati di condivisione, di attenzione e di cura l’uno dell’altro.

A volte viene dipinta un’immagine del Cristianesimo come di una proposta di vita che opprime la nostra libertà, che va contro il nostro desiderio di felicità e di gioia. Ma questo non risponde a verità! I cristiani sono uomini e donne veramente felici perché sanno di non essere mai soli, ma di essere sorretti sempre dalle mani di Dio! Spetta soprattutto a voi, giovani discepoli di Cristo, mostrare al mondo che la fede porta una felicità e una gioia vera, piena e duratura. E se il modo di vivere dei cristiani sembra a volte stanco ed annoiato, testimoniate voi per primi il volto gioioso e felice della fede. Il Vangelo è la «buona novella» che Dio ci ama e che ognuno di noi è importante per Lui. Mostrate al mondo che è proprio così!
Siate dunque missionari entusiasti della nuova evangelizzazione! 





per chi vuole leggerlo interamente:
http://www.vatican.va/holy_father/benedict_xvi/messages/youth/documents/hf_ben-xvi_mes_20120315_youth_it.html

mercoledì 31 agosto 2011

UNA SINTESI DELLA GMG? LE PAROLE DEL PAPA!


Rileggere il messaggio preparato da Benedetto XVI per la Veglia a Cuatro Vientos mi ha quasi commosso. La veglia, d’altra parte, è stato il momento dolente di tutta la GMG: l’acqua, il vento, il discorso mancato del Papa, un’evidente disorganizzazione e lo smarrimento generale. Non era certamente il momento più opportuno per ascoltare con attenzione un’omelia. Una volta a casa però, sorprende il contenuto semplice e diretto del testo preparato per la veglia. Il discorso è breve e senza giri di parole e mancano passaggi più scopertamente teologici, già presenti nei discorsi di Colonia e Sydney.



Sì, cari amici, Dio ci ama. Questa è la grande verità della nostra vita e che dà senso a tutto il resto. Non siamo frutto del caso o dell’irrazionalità, ma all’origine della nostra esistenza c’è un progetto d’amore di Dio. Rimanere nel suo amore significa quindi vivere radicati nella fede, perché la fede non è la semplice accettazione di alcune verità astratte, bensì una relazione intima con Cristo che ci porta ad aprire il nostro cuore a questo mistero di amore e a vivere come persone che si riconoscono amate da Dio.

Se rimarrete nell’amore di Cristo, radicati nella fede, incontrerete, anche in mezzo a contrarietà e sofferenze, la fonte della gioia e dell’allegria. La fede non si oppone ai vostri ideali più alti, al contrario, li eleva e li perfeziona.

Cari giovani, non conformatevi con qualcosa che sia meno della Verità e dell’Amore, non conformatevi con qualcuno che sia meno di Cristo.

Nella vita le prove non mancano mai, ma la tempesta di Cuatro Vientos lascia intuire in una forma decisamente esperienzale che cosa significa scoprire “in mezzo a contrarietà e sofferenze, la fonte della gioia e dell’allegria”! Nei momenti in cui infierivano l’acqua e il vento e noi cantavamo a squarciagola per tenere allegri i ragazzi, il canto sapeva davvero di preghiera ed i sorrisi e l’allegria dei ragazzi di vera gioia. Nel testo, pur breve, il papa non ha mancato di inserire un riferimento alla sofferenza. Le scoperte più importanti e dirompenti dell’età giovanile non sono forse l’amore e la sofferenza?


Egli, che prese su di sé le nostre afflizioni, conosce bene il mistero del dolore umano e mostra la sua presenza piena di amore in tutti coloro che soffrono. E questi, a loro volta, uniti alla passione di Cristo, partecipano molto da vicino alla sua opera di redenzione. Inoltre, la nostra attenzione disinteressata agli ammalati e ai bisognosi sarà sempre una testimonianza umile e silenziosa del volto compassionevole di Dio.

Cari amici, che nessuna avversità vi paralizzi! Non abbiate paura del mondo, né del futuro, né della vostra debolezza.
Il Signore vi ha concesso di vivere in questo momento della storia, perché grazie alla vostra fede continui a risuonare il suo Nome in tutta la terra.

Dopo un passaggio dedicato alla scoperta della propria vocazione, la conclusione risponde chiaramente alla domanda più urgente, quella che ogni giovane pellegrino si pone durante e dopo la GMG: “Come fare continuare questa gioia? Come si puà vivere da cristiani? Come essere testimoni?” 

Cari giovani, per scoprire e seguire fedelmente la forma di vita alla quale il Signore chiama ciascuno di voi, è indispensabile rimanere nel suo amore come amici. E come si mantiene l’amicizia se non attraverso il contatto frequente, la conversazione, lo stare uniti e il condividere speranze o angosce? Santa Teresa di Gesù diceva che la preghiera è «conversare con amicizia, stando molte volte in contatto da soli con chi sappiamo che ci ama» (cfr Libro della vita, 8).

Vi invito, quindi, a rimanere ora in adorazione di Cristo, realmente presente nell’Eucarestia. A dialogare con Lui, a porre davanti a Lui le vostre domande e ad ascoltarlo. Cari amici, prego per voi con tutta l’anima. Vi supplico di pregare anche per me. Chiediamo al Signore, in questa notte, attratti dalla bellezza del suo amore, di vivere sempre fedelmente come suoi discepoli. Amen!

Il concetto è ribadito anche nell’omelia della mattina successiva con maggiori puntualizzazioni:

Non si può seguire Gesù da soli. Chi cede alla tentazione di andare «per conto suo» o di vivere la fede secondo la mentalità individualista, che predomina nella società, corre il rischio di non incontrare mai Gesù Cristo, o di finire seguendo un’immagine falsa di Lui.

Aver fede significa appoggiarsi sulla fede dei tuoi fratelli, e che la tua fede serva allo stesso modo da appoggio per quella degli altri. Vi chiedo, cari amici, di amare la Chiesa, che vi ha generati alla fede, che vi ha aiutato a conoscere meglio Cristo, che vi ha fatto scoprire la bellezza del suo amore. Per la crescita della vostra amicizia con Cristo è fondamentale riconoscere l’importanza del vostro gioioso inserimento nelle parrocchie, comunità e movimenti, così come la partecipazione all’Eucarestia di ogni domenica, il frequente accostarsi al sacramento della riconciliazione e il coltivare la preghiera e la meditazione della Parola di Dio.

L’adorazione conclusiva è stata il cuore di tutta la veglia. La pioggia e il vento sono cessati per il tempo necessario alla preghiera e alla benedizione finale, mentre nella spianata di Cuatro Vientos si è creato un silenzio immediato, praticamente assoluto. In quei momenti, disorientato dal temporale e incerto sullo svolgimento della veglia, mi preoccupavo per i pellegrini più giovani: “Che idea si faranno in questo marasma? E che penseranno di questo papa stanco e invecchiato, a mala pena coperto dagli ombrelli da una serqua di cerimonieri e ministranti? Che idea si faranno della Chiesa e di una serata così incerta, in cui nessuno offre chiarimenti e gli organizzatori sembrano dimenticarsi di questa folla sterminata di pellegrini?”. Ma poi, inginocchiato in preghiera davanti a Gesù Eucarestia, mi diventava sempre più chiaro, nella mente e nel cuore, che il Papa è quello che invita e addita, il “servus servorum”, e che il centro di ogni GMG non è il Papa, e in fondo nemmeno i giovani, ma Gesù Cristo! Gesù è realmente presente in questi momenti di grazia! Gesù stesso passa, chiama e provoca oggi così come ha fatto con i discepoli. Quella sera e nei giorni precedenti Egli era presente nell’eucarestia, nel sacramento della riconciliazione, nella preghiera, nell’ascolto della Parola e nell’opera dei ministri della Chiesa, nella Sua Chiesa, nei ragazzi della Comunità: «Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro» (Mt 18,20). Provare a chiedere…per credere!

La mattina successiva alla Veglia, verso le 6.00 mi sono alzato dal sacco a pelo. Intorno c’era molto sonno: una distesa a perdita d’occhio di giovani addormentati uno accanto all’altro. Di ritorno dai bagni ho incrociato uno dei tendoni che custodivano il Santissimo Sacramento. C’era molta gente in preghiera inginocchiata in silenzio di fronte al tabernacolo. Mi sono unito a loro mentre il buio trascolorava nel chiarore dell’alba e la spianata si rianimava lentamente. Ancora una volta le parole del papa, quelle che avrebbe pronunciato poco dopo, durante l’omelia del mattino sono calzanti per descrivere quel momento di grazia speciale:

La fede non è frutto dello sforzo umano, della sua ragione, bensì è un dono di Dio: «Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne, né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli». Ha la sua origine nell’iniziativa di Dio, che ci rivela la sua intimità e ci invita a partecipare della sua stessa vita divina. La fede non dà solo alcune informazioni sull’identità di Cristo, bensì suppone una relazione personale con Lui, l’adesione di tutta la persona, con la propria intelligenza, volontà e sentimenti alla manifestazione che Dio fa di se stesso. Così, la domanda «Ma voi, chi dite che io sia?», in fondo sta provocando i discepoli a prendere una decisione personale in relazione a Lui. Fede e sequela di Cristo sono in stretto rapporto.

(…)  Cari giovani, anche oggi Cristo si rivolge a voi con la stessa domanda che fece agli apostoli: «Ma voi, chi dite che io sia?». 

Rispondetegli con generosità e audacia, come corrisponde a un cuore giovane qual è il vostro. Ditegli: Gesù, io so che Tu sei il Figlio di Dio, che hai dato la tua vita per me. Voglio seguirti con fedeltà e lasciarmi guidare dalla tua parola. Tu mi conosci e mi ami. Io mi fido di te e metto la mia intera vita nelle tue mani. Voglio che Tu sia la forza che mi sostiene, la gioia che mai mi abbandona.