giovedì 1 agosto 2013

Qui Rio. Il cuore di Pistoia batte qui!

Il pellegrinaggio dell’Associazione Maria Madre Nostra alla GMG di Rio de Janeiro

«Che fai?»
«Dico le preghiere prima di dormire..le vuoi dire anche tu?»
«Nel nome del Padre del Figlio e dello Spirito Santo..»
«Ah, guidi tu?»


Così Fabio guida la mia compieta e, forse ripensando alla messa, attacca correttamente con l’atto penitenziale. Dopo un ave, un padre e un salveregina va a chiudere con «Regina Cristiani, prega per noi». Quindi, fresco del ricordo della veglia appena conclusa termina con un inaspettato «Papa Francesco …prega per noi!»
Fabio imita, ma soprattutto  ripropone creativamente situazioni e atteggiamenti, con l’estro e la simpatia che lo contraddistinguono. Ma c’è di più: nella libertà di chi è semplice soffia largamente lo Spirito.  Così nei pellegrini dell’Associazione Maria Madre Nostra, nasce la consapevolezza di essere stati guidati da Fabio e dai ragazzi come lui a vivere in pienezza i giorni della GMG di Rio. In totale 20 disabili su 42, praticamente un rapporto uno a uno che ha reso ancora più intensa la partecipazione.
 
Insomma, anche Pistoia ha piantato la propria bandiera sulla spiaggia di Copacabana (che i brasiliani pronunciano con una stupenda modulazione tipo Cöopacabäana). I giovani di Vignole e Carmignano non siamo riusciti a incrociarli, ma tra le palme di cocco e il bagnasciuga abbiamo rintracciato due giovani di Montemurlo partiti con i padri Betharramiti, poi altri toscani: viareggini accompagnati da due suore minime del Sacro Cuore, aretini, pisani del Cammino Neocatecumenale, fiorentini entusiasti per il gemellaggio con la missione diocesana a Salvador Bahia. Tanti e rumorosi gli italiani nonostante le difficoltà del viaggio. Tra i disabili, gli amici dell’Unitalsi e anche tre motivatissimi giovani ipovedenti del Movimento Apostolico Ciechi.

Per ovvie ragioni la nostra GMG, resa possibile grazia all’aiuto di numerosi amici e benefattori, ha avuto un formato un po’ più ridotto e agevolato, ma non meno completo.

Sbarchiamo a Rio in un torrido clima tropicale domenica 21 luglio e non manchiamo le soste nei luoghi simbolo della metropoli come il Cristo sulla cima del Corcovado o l’ascesa in teleferica sul Pan di Zucchero, il monte (il morro, dicono i brasiliani) che si staglia di fronte alla spiaggia di Copacabana. Ci accompagna, con tempismo fantozziano, una densa nuvolaglia che nasconde il panorama spettacolare intravisto da quei luoghi, ma l’escursione è sufficiente per entrare in pieno nel clima di festa sprigionato dai giovani pellegrini. Sulle cime panoramiche il paesaggio stupefacente è quello umano: danze maori, cantilene dagli atolli del pacifico, girotondi latinos, qualche giovane da Buenos Aires porta in trionfo le foto della cresima amministrata dal vescovo Bergoglio.  Noi in festa con loro, attraverso il linguaggio della gioia e della dolcezza (come quella di Alessandrina, Luca, Sara) che attraverso la disabilità non conosce frontiere, in un crescendo di entusiasmo che ha attraversato le avenidas di Rio nei giorni successivi. La musica e il ballo, dalla samba carnevalizia che ha seguito con esuberanza brasileira l’adorazione delle veglia, al flash mob collettivo sulla spiaggia, hanno scandito le giornate di Rio, ma non ne hanno affatto annacquato lo spessore spirituale.


All’avvio vero e proprio della GMG, nonostante la discesa in picchiata delle temperature e l’avvio di una pioggerellina insistente, la sorpresa più bella è l’accoglienza calorosa dei volontari di Casa Italia, il quartier generale dei pellegrini italiani a Rio. Una presenza familiare, ma soprattutto attenta ai bisogni di tutti: una squadra motivata e capace, a cominciare, per ordine di importanza e ‘misure’ da don Michele Falabretti, responsabile del Servizio Nazionale di PG e dal suo vice don Domenico (Mimmo) Beneventi, fino a tutti i volontari che si prodigano per rendere più facile la nostra partecipazione. Suor Veronica Donatello, responsabile dell’assistenza ai pellegrini disabili, è il nostro simpatico e sorridente angelo custode. Grazie a lei il nostro gruppo, il più consistente – dall’Italia e non solo-  per numero di disabili, è guidato con competenza e generosa disponibilità in ogni questione logistica e non solo.
C’è un’attrattiva che sprigiona dell’accoglienza, ma soprattutto dalla partecipazione attiva e gioiosa dei nostri ragazzi che impressiona tutti. Anche il Cardinale Angelo Bagnasco in occasione della prima catechesi  si intrattiene a salutare uno per uno i nostri giovani pellegrini e con lui, nei giorni a seguire, gli altri vescovi chiamati a guidare la riflessione e la preghiera degli  italiani a Rio. Mons. Giovanni d’Ercole, vescovo ausiliare de l’Aquila, che era lì con un gruppo di giovani della sua diocesi, ci è venuto anche a cercare durante la veglia nell’affollatissima spiaggia di Copacabana.



Sui giornali non affiora spesso il percorso bello e intenso delle catechesi, ma si tratta di un momento di chiesa autentico. Si fa, in primis, l’esperienza di una chiesa che accoglie: per noi la parrocchia di San Paolo Apostolo retta dai padre Barnabiti, ricca di umanità, generosa e partecipe nella preghiera, animata da una devozione semplice ed effusiva che spiega molto del contatto fisico che anche il papa latinoamericano ha dimostrato più volte toccando l’immagine della Vergine. C’è poi la chiesa che è accolta, coinvolta in tutti i suoi livelli, verticali e orizzontali, sperimentata nell’espressione più bella del ‘magistero’ e dell’ascolto reciproco, ma anche nella preghiera, nella riflessione personale e comunitaria, nella conversione che scaturisce dal sacramento della riconciliazione e dell’eucarestia. È l’allenamento intensivo che rende feconda la GMG e di cui ha parlato papa Francesco durante la veglia. Un allenamento fatto di ‘preghiera, sacramenti, amore fraterno’ che promette sorprese (“Gesù ci offre qualcosa di superiore della Coppa del Mondo!”). Un’occasione in più per essere trascinati nella preghiera e nell’ascolto dello Spirito: Federico, Serena, Fabiana, Elena pregano, pongono domande, ascoltano con attenzione. Indirettamente invitano ad aprire senza paura le porte dell’anima ed a mettere a fuoco le disabilità della mente e del cuore che misurano, in ultima analisi, la vera distanza con Dio. Una forte testimonianza per noi pistoiesi che accanto a loro trascorriamo ogni momento, ma anche un segno per tutti. «La gioventù è la finestra attraverso la quale il futuro entra nel mondo .. la nostra generazione si rivelerà all’altezza della promessa che c’è in ogni giovane quando saprà offrirgli spazio» (Papa Francesco, Cerimonia di benvenuto a Rio de Janeiro, 22 luglio). Nei ragazzi con disabilità risplende un futuro diverso e luminosissimo che parla già di un altro cielo. Le ‘periferie esistenziali’ d’altra parte, non sono affatto lontane. A Rio bastano pochi passi per arrivare dalla spiaggia di Copacabana alla favela di Cantagalo arroccata su Morro do Pavão. Per me, a Rio, è sufficiente gettare uno sguardo sul palazzo dirimpetto all’hotel per osservare l’esistenza solitaria e chiusa in gesti ripetuti di un giovane autistico, ingabbiato dalle serrande del proprio appartamento mentre milioni di giovani si riversano nella spiaggia e nelle strade sottostanti. Accanto alla presenza amichevole e gioiosa dei giovani arrivati per la GMG risuonano ancora più meschine e ridicole le avvertenze affisse sugli ascensori di Rio: «È vietata ogni forma di discriminazione nell’accesso agli ascensori esistenti in questo comune, in virtù di razza, sesso, colore, origine, condizione sociale, età, sembianze o presenza di handicap e malattia.. ».


Arriva il papa e il passaggio per l’Avenida Atlantica (che i carioca pronunciano con una ti finale sicula tipo atlantcica), il lungomare di Copacabana si fa interminabile: il papa sosta quasi ogni metro, saluta personalmente i pellegrini, stringe le mani, abbraccia i bambini, si scambia lo zucchetto: c’è n’è per tutti, quasi a voler intrattenere un dialogo personale con ognuno dei presenti. Un dialogo, commentavamo tra noi, che si ripete anche nei discorsi ai giovani e che ricorda quello memorabile di Giovanni Paolo II nella spianata di Tor Vergata. E’ per il papa beato, infatti, la prima parola, quando Francesco ricorda la GMG del 1987 di Buenos Aires, la prima – guarda un po’ – fuori Italia. Non manca il saluto  a ‘nonno’ Ratzinger-Benedetto, scandito da un fragoroso applauso della folla. Il papa avvia il discorso e si chiama in causa personalmente: «Perché la mia fede non sia triste sono venuto qui per essere contagiato  dall’entusiasmo di tutti voi!». Eppure è il papa ad entusiasmare: coinvolge tutti passando di colpo dal suo tipico tono di lettura piano e dimesso a quello vibrante e accorato di domanda : «cari amici la fede è rivoluzionaria e io oggi ti chiedo: sei disposto, sei disposta a entrare in quest’onda rivoluzionaria della fede?» Il papa tocca corde sensibili, parla di giovani fragili e riempiti, usa immagini semplici, come quella del sale e dell’olio che danno sapore per dire che solo con Cristo e con l’amore la vita diventa saporita. Ma ancora più sferzante è l’interrogativo proposto a commento della via Crucis: «Dimmi: sei uno di quelli che si lavano le mani, che fa il finto tonto e guarda dall’altra parte? O sei come il Cireneo, che aiuta Gesù a portare quel legno pesante, come Maria e le altre donne..» . Parole che attraversano il cuore come coltellate. Sulla spiaggia i giovani ascoltano in un silenzio stupito e raccolto. È uno dei momenti più forti della GMG. Quando i giovani nell’ultima stazione levano la croce pellegrina davanti al papa, Francesco ricorda che quella croce che «ha attraversato i più svariati mondi dell’esistenza umana..è  quasi impregnata delle situazioni di vita dei tanti giovani che l’hanno vista  e l’hanno portata». In fondo alla spiaggia, accanto a tante altre più nascoste ma non meno pesanti, fanno eco le croci dei ragazzi del nostro gruppo e delle loro famiglie. Altre croci pellegrine, levate sulla sabbia, per le quali è ancora più vera l’altra parola del papa: nessuno può toccare la Sua croce «senza portare qualcosa della croce di Gesù nella propria vita .. la croce di Cristo invita anche a lasciarci contagiare da questo amore».


Il settore per disabili, collocato quasi dirimpetto al palco e che abbiamo sperimentato, sotto una pioggia battente, soltanto durante la messa di apertura, è comodo e ampio ma irraggiungibile per l’impraticabilità delle strade congestionate di mezzi e di giovani. Così nei giorni successivi, sulla spiaggia di Copacabana tocchiamo con mano il contagio d’amore che sprigiona dalla croce: tutti ci  danno una mano e fanno strada. Ma ancora più bello è misurare la curiosità, l’attenzione, la partecipazione al canto e al ballo che sprigionano da Marco, Beatrice, Manuel, Alessandra, ‘Fabione’, Romina e tutti gli altri. Qualche pellegrino brasiliano si ferma sorridendo commosso: «mia cognata era come una di loro» e poi saluta tutti con trasporto. Per Francesco la veglia è galeotta e ne approfitta per farsi coccolare da una pellegrina argentina. Due giovani carioca, durante la messa finale pregano con noi uno stupendo Padre Nostro, altri interrompono la corsa o la biciclettata per osservare la nostra preghiera dei vespri lungo la spiaggia. Chiara, invece, ci da una lezione di preghiera durante l’adorazione eucaristica a conclusione della veglia.


Già, l’adorazione eucaristica. Il papa ha appena terminato il suo discorso che i maxischermi allineati sulla spiaggia -il palco, quasi per tutti, è lontanissimo- staccano la diretta e propongono immagini registrate. I giovani sono un po’ disorientati, anche i nostri, che cominciano a sentire la stanchezza della giornata in un francobollo di spiaggia. C’è già che incomincia ad alzarsi e ripartire -per dove poi, visto che non ci sono posti in cui dormire se non sulla sabbia e sulla strada?-. D’un tratto sul maxischermo appare il papa inginocchiato davanti un mega-ostensorio. Trenta secondi per prendere coscienza che è il momento delle preghiera e di colpo sulla spiaggia si avverte soltanto lo sciacquio dei cavalloni. Questo dialogo silenzioso con Gesù è il cuore della GMG, di ogni GMG. In quel momento per quanto personale possa prendere forma la preghiera è impossibile non associarsi a quella degli amici e dei pellegrini accanto a te. Davanti a me due giovani fidanzati pregano abbracciati, anche i più esuberanti brasiliani che si erano scavati nella sabbia un comodo sofà a sei posti ora stanno assorti in ginocchio, non meno composti del manipolo di norvegesi allineati fin quasi sulla battigia. Sono i frutti dello Spirito, quello che si invoca nella Messa perché diventiamo ‘un solo corpo e un solo Spirito’.



Nella notte tropicale si stende a perdita d’occhio il campo della fede. Il campus fidei di Guaratiba, a km e km da Rio, improvvida location per la due giorni finale, impaludata da qualche giorno di pioggia e visitata per l’occasione, dicono, da qualche coccodrillo, è ormai sostituito da una gigantesca comunità in preghiera. «il Signore oggi vi chiama! Non al mucchio! A te, a te, a te, a ciascuno. Ascoltate nel cuore quello che vi dice!». Anche il Papa e il Vangelo, che è il testo più realista che ci sia, sanno che quando, quanto e come il seme produrrà frutto è difficile dirlo. È la scommessa di ogni GMG, che resta comunque un momento di semina speciale. Sul palco due novelli Francesco e Chiara d’Assisi, accompagnati da altri giovani costruiscono letteralmente una piccola chiesa. Una scena emblematica, forse così didascalica da far sorridere. Ma tutto resta compreso nel dialogo tra il papa e i giovani : «Siamo parte della Chiesa, anzi, diventiamo costruttori della Chiesa e protagonisti della storia. Ragazzi e ragazze, per favore: non mettetevi nella ‘coda’ della storia. Siate protagonisti. Giocate in attacco! Calciate in avanti..».
Evidentemente al tifoso del San Lorenzo le metafore calcistiche riescono bene. Ben si adattano anche al pellegrinaggio della nostra Associazione, dove tutto ha funzionato per un ottimo gioco di squadra. Nella consapevolezza che il salto tra l’associazione e la comunità, tra il servizio e l’amicizia, tra la disponibilità e lo stupore sono segni dello Spirito. E poi alla squadra non è mancato il super-capitano don Diego Pancaldo che ha pianificato, guidato nella preghiera e nel dettaglio tenendo tutto sotto controllo. Alla fine tutti contenti. C’è già, come Giorgio e Giovanni, chi si da appuntamento alla prossima: Ludovico auspica Miami o le coste della California, ma nel 2016, come annunciato, sarà il turno della più continentale Cracovia.
 La conclusione della GMG è siglata dalle ‘tre parole’ di Papa Francesco: Andate, senza paura, per servire. Parole impegnative che chiedono l’impegno di una vita intera, ma che sentiamo nostre. In qualche modo ci hanno accompagnato lungo il pellegrinaggio e forse possono anche sintetizzarlo. Una presenza -ne abbiamo preso giorno dopo giorno più coscienza- che è di per sé testimonianza, non facile, ma senza paura e contro ogni limite, per servire e imparare a farlo sempre meglio. Una presenza capace di generare il sorriso e diffondere gioia e novità: Toda joia, toda beleza!


1 commento:

  1. io c'ero e in una foto mi si vede bene vicino all Beona

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