«Che fai?»
«Dico le preghiere prima di dormire..le vuoi dire anche tu?»
«Nel nome del Padre del Figlio e dello Spirito Santo..»
«Ah, guidi tu?»
Così Fabio
guida la mia compieta e, forse ripensando alla messa, attacca correttamente con
l’atto penitenziale. Dopo un ave, un padre e un salveregina va a chiudere con «Regina
Cristiani, prega per noi». Quindi, fresco del ricordo della veglia appena
conclusa termina con un inaspettato «Papa Francesco …prega per noi!»
Fabio imita,
ma soprattutto ripropone creativamente
situazioni e atteggiamenti, con l’estro e la simpatia che lo
contraddistinguono. Ma c’è di più: nella libertà di chi è semplice soffia
largamente lo Spirito. Così nei
pellegrini dell’Associazione Maria Madre Nostra, nasce la consapevolezza di
essere stati guidati da Fabio e dai ragazzi come lui a vivere in pienezza i
giorni della GMG di Rio. In totale 20 disabili su 42, praticamente un rapporto
uno a uno che ha reso ancora più intensa la partecipazione.Insomma, anche Pistoia ha piantato la propria bandiera sulla spiaggia di Copacabana (che i brasiliani pronunciano con una stupenda modulazione tipo Cöopacabäana). I giovani di Vignole e Carmignano non siamo riusciti a incrociarli, ma tra le palme di cocco e il bagnasciuga abbiamo rintracciato due giovani di Montemurlo partiti con i padri Betharramiti, poi altri toscani: viareggini accompagnati da due suore minime del Sacro Cuore, aretini, pisani del Cammino Neocatecumenale, fiorentini entusiasti per il gemellaggio con la missione diocesana a Salvador Bahia. Tanti e rumorosi gli italiani nonostante le difficoltà del viaggio. Tra i disabili, gli amici dell’Unitalsi e anche tre motivatissimi giovani ipovedenti del Movimento Apostolico Ciechi.
Per ovvie
ragioni la nostra GMG, resa possibile grazia all’aiuto di numerosi amici e
benefattori, ha avuto un formato un po’ più ridotto e agevolato, ma non meno
completo.
Sbarchiamo a
Rio in un torrido clima tropicale domenica 21 luglio e non manchiamo le soste
nei luoghi simbolo della metropoli come il Cristo sulla cima del Corcovado o l’ascesa
in teleferica sul Pan di Zucchero, il monte (il morro, dicono i brasiliani) che si staglia di fronte alla spiaggia
di Copacabana. Ci accompagna, con tempismo fantozziano, una densa nuvolaglia
che nasconde il panorama spettacolare intravisto da quei luoghi, ma
l’escursione è sufficiente per entrare in pieno nel clima di festa sprigionato
dai giovani pellegrini. Sulle cime panoramiche il paesaggio stupefacente è
quello umano: danze maori, cantilene dagli atolli del pacifico, girotondi latinos, qualche giovane da Buenos Aires
porta in trionfo le foto della cresima amministrata dal vescovo Bergoglio. Noi in festa con loro, attraverso il
linguaggio della gioia e della dolcezza (come quella di Alessandrina, Luca,
Sara) che attraverso la disabilità non conosce frontiere, in un crescendo di
entusiasmo che ha attraversato le avenidas
di Rio nei giorni successivi. La musica e il ballo, dalla samba carnevalizia che
ha seguito con esuberanza brasileira l’adorazione delle veglia, al flash mob collettivo sulla spiaggia,
hanno scandito le giornate di Rio, ma non ne hanno affatto annacquato lo
spessore spirituale.
All’avvio vero
e proprio della GMG, nonostante la discesa in picchiata delle temperature e
l’avvio di una pioggerellina insistente, la sorpresa più bella è l’accoglienza
calorosa dei volontari di Casa Italia, il quartier generale dei pellegrini
italiani a Rio. Una presenza familiare, ma soprattutto attenta ai bisogni di tutti:
una squadra motivata e capace, a cominciare, per ordine di importanza e ‘misure’
da don Michele Falabretti, responsabile del Servizio Nazionale di PG e dal suo
vice don Domenico (Mimmo) Beneventi, fino a tutti i volontari che si prodigano
per rendere più facile la nostra partecipazione. Suor Veronica Donatello,
responsabile dell’assistenza ai pellegrini disabili, è il nostro simpatico e
sorridente angelo custode. Grazie a lei il nostro gruppo, il più consistente –
dall’Italia e non solo- per numero di
disabili, è guidato con competenza e generosa disponibilità in ogni questione
logistica e non solo.
C’è
un’attrattiva che sprigiona dell’accoglienza, ma soprattutto dalla partecipazione
attiva e gioiosa dei nostri ragazzi che impressiona tutti. Anche il Cardinale
Angelo Bagnasco in occasione della prima catechesi si intrattiene a salutare uno per uno i nostri
giovani pellegrini e con lui, nei giorni a seguire, gli altri vescovi chiamati
a guidare la riflessione e la preghiera degli italiani a Rio. Mons. Giovanni d’Ercole,
vescovo ausiliare de l’Aquila, che era lì con un gruppo di giovani della sua
diocesi, ci è venuto anche a cercare durante la veglia nell’affollatissima
spiaggia di Copacabana.
Sui giornali
non affiora spesso il percorso bello e intenso delle catechesi, ma si tratta di
un momento di chiesa autentico. Si fa, in
primis, l’esperienza di una chiesa che accoglie: per noi la parrocchia di
San Paolo Apostolo retta dai padre Barnabiti, ricca di umanità, generosa e
partecipe nella preghiera, animata da una devozione semplice ed effusiva che
spiega molto del contatto fisico che anche il papa latinoamericano ha dimostrato
più volte toccando l’immagine della Vergine. C’è poi la chiesa che è accolta, coinvolta
in tutti i suoi livelli, verticali e orizzontali, sperimentata nell’espressione
più bella del ‘magistero’ e dell’ascolto reciproco, ma anche nella preghiera,
nella riflessione personale e comunitaria, nella conversione che scaturisce dal
sacramento della riconciliazione e dell’eucarestia. È l’allenamento intensivo che
rende feconda la GMG e di cui ha parlato papa Francesco durante la veglia. Un
allenamento fatto di ‘preghiera, sacramenti, amore fraterno’ che promette
sorprese (“Gesù ci offre qualcosa di superiore della Coppa del Mondo!”).
Un’occasione in più per essere trascinati nella preghiera e nell’ascolto dello
Spirito: Federico, Serena, Fabiana, Elena pregano, pongono domande, ascoltano
con attenzione. Indirettamente invitano ad aprire senza paura le porte
dell’anima ed a mettere a fuoco le disabilità della mente e del cuore che
misurano, in ultima analisi, la vera distanza con Dio. Una forte testimonianza
per noi pistoiesi che accanto a loro trascorriamo ogni momento, ma anche un
segno per tutti. «La gioventù è la finestra attraverso la quale il futuro entra
nel mondo .. la nostra generazione si rivelerà all’altezza della promessa che
c’è in ogni giovane quando saprà offrirgli spazio» (Papa Francesco, Cerimonia
di benvenuto a Rio de Janeiro, 22 luglio). Nei ragazzi con disabilità risplende
un futuro diverso e luminosissimo che parla già di un altro cielo. Le
‘periferie esistenziali’ d’altra parte, non sono affatto lontane. A Rio bastano
pochi passi per arrivare dalla spiaggia di Copacabana alla favela di Cantagalo
arroccata su Morro do Pavão. Per me, a Rio, è sufficiente gettare uno sguardo
sul palazzo dirimpetto all’hotel per osservare l’esistenza solitaria e chiusa
in gesti ripetuti di un giovane autistico, ingabbiato dalle serrande del
proprio appartamento mentre milioni di giovani si riversano nella spiaggia e
nelle strade sottostanti. Accanto alla presenza amichevole e gioiosa dei
giovani arrivati per la GMG risuonano ancora più meschine e ridicole le
avvertenze affisse sugli ascensori di Rio: «È vietata ogni forma di
discriminazione nell’accesso agli ascensori esistenti in questo comune, in
virtù di razza, sesso, colore, origine, condizione sociale, età, sembianze o
presenza di handicap e malattia.. ».
Arriva il papa
e il passaggio per l’Avenida Atlantica (che i carioca pronunciano con una ti
finale sicula tipo atlantcica), il lungomare di Copacabana si fa interminabile:
il papa sosta quasi ogni metro, saluta personalmente i pellegrini, stringe le
mani, abbraccia i bambini, si scambia lo zucchetto: c’è n’è per tutti, quasi a
voler intrattenere un dialogo personale con ognuno dei presenti. Un dialogo,
commentavamo tra noi, che si ripete anche nei discorsi ai giovani e che ricorda
quello memorabile di Giovanni Paolo II nella spianata di Tor Vergata. E’ per il
papa beato, infatti, la prima parola, quando Francesco ricorda la GMG del 1987
di Buenos Aires, la prima – guarda un po’ – fuori Italia. Non manca il saluto a ‘nonno’ Ratzinger-Benedetto, scandito da un
fragoroso applauso della folla. Il papa avvia il discorso e si chiama in causa personalmente:
«Perché la mia fede non sia triste sono venuto qui per essere contagiato dall’entusiasmo di tutti voi!». Eppure è il
papa ad entusiasmare: coinvolge tutti passando di colpo dal suo tipico tono di
lettura piano e dimesso a quello vibrante e accorato di domanda : «cari amici
la fede è rivoluzionaria e io oggi ti chiedo: sei disposto, sei disposta a
entrare in quest’onda rivoluzionaria della fede?» Il papa tocca corde
sensibili, parla di giovani fragili e riempiti, usa immagini semplici, come quella
del sale e dell’olio che danno sapore per dire che solo con Cristo e con
l’amore la vita diventa saporita. Ma ancora più sferzante è l’interrogativo
proposto a commento della via Crucis: «Dimmi: sei uno di quelli che si lavano
le mani, che fa il finto tonto e guarda dall’altra parte? O sei come il
Cireneo, che aiuta Gesù a portare quel legno pesante, come Maria e le altre
donne..» . Parole che attraversano il cuore come coltellate. Sulla spiaggia i
giovani ascoltano in un silenzio stupito e raccolto. È uno dei momenti più
forti della GMG. Quando i giovani nell’ultima stazione levano la croce
pellegrina davanti al papa, Francesco ricorda che quella croce che «ha
attraversato i più svariati mondi dell’esistenza umana..è quasi impregnata delle situazioni di vita dei
tanti giovani che l’hanno vista e
l’hanno portata». In fondo alla spiaggia, accanto a tante altre più nascoste ma
non meno pesanti, fanno eco le croci dei ragazzi del nostro gruppo e delle loro
famiglie. Altre croci pellegrine, levate sulla sabbia, per le quali è ancora
più vera l’altra parola del papa: nessuno può toccare la Sua croce «senza
portare qualcosa della croce di Gesù nella propria vita .. la croce di Cristo
invita anche a lasciarci contagiare da questo amore».
Il settore per
disabili, collocato quasi dirimpetto al palco e che abbiamo sperimentato, sotto
una pioggia battente, soltanto durante la messa di apertura, è comodo e ampio
ma irraggiungibile per l’impraticabilità delle strade congestionate di mezzi e
di giovani. Così nei giorni successivi, sulla spiaggia di Copacabana tocchiamo
con mano il contagio d’amore che sprigiona dalla croce: tutti ci danno una mano e fanno strada. Ma ancora più
bello è misurare la curiosità, l’attenzione, la partecipazione al canto e al ballo
che sprigionano da Marco, Beatrice, Manuel, Alessandra, ‘Fabione’, Romina e
tutti gli altri. Qualche pellegrino brasiliano si ferma sorridendo commosso: «mia
cognata era come una di loro» e poi saluta tutti con trasporto. Per Francesco la
veglia è galeotta e ne approfitta per farsi coccolare da una pellegrina
argentina. Due giovani carioca, durante la messa finale pregano con noi uno
stupendo Padre Nostro, altri interrompono la corsa o la biciclettata per
osservare la nostra preghiera dei vespri lungo la spiaggia. Chiara, invece, ci
da una lezione di preghiera durante l’adorazione eucaristica a conclusione
della veglia.
Già,
l’adorazione eucaristica. Il papa ha appena terminato il suo discorso che i
maxischermi allineati sulla spiaggia -il palco, quasi per tutti, è lontanissimo-
staccano la diretta e propongono immagini registrate. I giovani sono un po’
disorientati, anche i nostri, che cominciano a sentire la stanchezza della
giornata in un francobollo di spiaggia. C’è già che incomincia ad alzarsi e
ripartire -per dove poi, visto che non ci sono posti in cui dormire se non
sulla sabbia e sulla strada?-. D’un tratto sul maxischermo appare il papa
inginocchiato davanti un mega-ostensorio. Trenta secondi per prendere coscienza
che è il momento delle preghiera e di colpo sulla spiaggia si avverte soltanto
lo sciacquio dei cavalloni. Questo dialogo silenzioso con Gesù è il cuore della
GMG, di ogni GMG. In quel momento per quanto personale possa prendere forma la
preghiera è impossibile non associarsi a quella degli amici e dei pellegrini
accanto a te. Davanti a me due giovani fidanzati pregano abbracciati, anche i
più esuberanti brasiliani che si erano scavati nella sabbia un comodo sofà a
sei posti ora stanno assorti in ginocchio, non meno composti del manipolo di
norvegesi allineati fin quasi sulla battigia. Sono i frutti dello Spirito,
quello che si invoca nella Messa perché diventiamo ‘un solo corpo e un solo
Spirito’.
Nella notte
tropicale si stende a perdita d’occhio il campo della fede. Il campus fidei di Guaratiba, a km e km da
Rio, improvvida location per la due
giorni finale, impaludata da qualche giorno di pioggia e visitata per
l’occasione, dicono, da qualche coccodrillo, è ormai sostituito da una
gigantesca comunità in preghiera. «il Signore oggi vi chiama! Non al mucchio! A
te, a te, a te, a ciascuno. Ascoltate nel cuore quello che vi dice!». Anche il
Papa e il Vangelo, che è il testo più realista che ci sia, sanno che quando,
quanto e come il seme produrrà frutto è difficile dirlo. È la scommessa di ogni
GMG, che resta comunque un momento di semina speciale. Sul palco due novelli
Francesco e Chiara d’Assisi, accompagnati da altri giovani costruiscono
letteralmente una piccola chiesa. Una scena emblematica, forse così didascalica
da far sorridere. Ma tutto resta compreso nel dialogo tra il papa e i giovani :
«Siamo parte della Chiesa, anzi, diventiamo costruttori della Chiesa e
protagonisti della storia. Ragazzi e ragazze, per favore: non mettetevi nella
‘coda’ della storia. Siate protagonisti. Giocate in attacco! Calciate in
avanti..».
Evidentemente al tifoso del San Lorenzo le metafore calcistiche
riescono bene. Ben si adattano anche al pellegrinaggio della nostra
Associazione, dove tutto ha funzionato per un ottimo gioco di squadra. Nella
consapevolezza che il salto tra l’associazione e la comunità, tra il servizio e
l’amicizia, tra la disponibilità e lo stupore sono segni dello Spirito. E poi
alla squadra non è mancato il super-capitano don Diego Pancaldo che ha
pianificato, guidato nella preghiera e nel dettaglio tenendo tutto sotto
controllo. Alla fine tutti contenti. C’è già, come Giorgio e Giovanni, chi si
da appuntamento alla prossima: Ludovico auspica Miami o le coste della
California, ma nel 2016, come annunciato, sarà il turno della più continentale
Cracovia.
La conclusione
della GMG è siglata dalle ‘tre parole’ di Papa Francesco: Andate, senza paura,
per servire. Parole impegnative che chiedono l’impegno di una vita intera, ma
che sentiamo nostre. In qualche modo ci hanno accompagnato lungo il pellegrinaggio
e forse possono anche sintetizzarlo. Una presenza -ne abbiamo preso giorno dopo
giorno più coscienza- che è di per sé testimonianza, non facile, ma senza paura
e contro ogni limite, per servire e imparare a farlo sempre meglio. Una
presenza capace di generare il sorriso e diffondere gioia e novità: Toda joia, toda beleza!
io c'ero e in una foto mi si vede bene vicino all Beona
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