venerdì 30 novembre 2012

1 Dicembre: inizia l'Avvento! E noi?


Anno della fede 2012-2013
giornata mondiale della gioventù – rio de janeiro, agosto 2013

Associazione Maria Madre Nostra  II incontro
1 Dicembre 2012 18.00
Incontro di preghiera e adorazione Cappellina Maria Madre Nostra

Avvento: tempo di…?
v  … Mettersi in viaggio:
(…per la Gmg di Rio de Janeiro! Ma qual è l’invito che personalmente ci è rivolto?)
Cari giovani,
vorrei far giungere a tutti voi il mio saluto pieno di gioia e di affetto. Ci stiamo preparando alla prossima Giornata Mondiale, che si celebrerà a Rio de Janeiro, in Brasile, nel luglio 2013. Desidero anzitutto rinnovarvi l’invito a partecipare a questo importante appuntamento. La celebre statua del Cristo Redentore, che domina quella bella città brasiliana, ne sarà il simbolo eloquente: le sue braccia aperte sono il segno dell’accoglienza che il Signore riserverà a tutti coloro che verranno a Lui e il suo cuore raffigura l’immenso amore che Egli ha per ciascuno e per ciascuna di voi. Lasciatevi attrarre da Lui! Vivete questa esperienza di incontro con Cristo, insieme ai tanti altri giovani che convergeranno a Rio per il prossimo incontro mondiale! Lasciatevi amare da Lui e sarete i testimoni di cui il mondo ha bisogno.
La storia ci ha mostrato quanti giovani, attraverso il dono generoso di se stessi, hanno contribuito grandemente al Regno di Dio e allo sviluppo di questo mondo, annunciando il Vangelo. Con grande entusiasmo, essi hanno portato la Buona Notizia dell’Amore di Dio manifestato in Cristo, con mezzi e possibilità ben inferiori a quelli di cui disponiamo al giorno d’oggi. Oggi non pochi giovani dubitano profondamente che la vita sia un bene e non vedono chiarezza nel loro cammino. Più in generale, di fronte alle difficoltà del mondo contemporaneo, molti si chiedono: io che cosa posso fare? La luce della fede illumina questa oscurità, ci fa comprendere che ogni esistenza ha un valore inestimabile, perché frutto dell’amore di Dio. Egli ama anche chi si è allontanato da Lui o lo ha dimenticato: ha pazienza e attende; anzi, ha donato il suo Figlio, morto e risorto, per liberarci radicalmente dal male. E Cristo ha inviato i suoi discepoli per portare a tutti i popoli questo annuncio gioioso di salvezza e di vita nuova.
La Chiesa, nel continuare questa missione di evangelizzazione, conta anche su di voi. Cari giovani, voi siete i primi missionari tra i vostri coetanei! Alla fine del Concilio Ecumenico Vaticano II, di cui quest’anno celebriamo il 50° anniversario, il Servo di Dio Paolo VI consegnò ai giovani e alle giovani del mondo un Messaggio che si apriva con queste parole: «È a voi, giovani uomini e donne del mondo intero, che il Concilio vuole rivolgere il suo ultimo messaggio. Perché siete voi che raccoglierete la fiaccola dalle mani dei vostri padri e vivrete nel mondo nel momento delle più gigantesche trasformazioni della sua storia. Siete voi che, raccogliendo il meglio dell’esempio e dell’insegnamento dei vostri genitori e dei vostri maestri, formerete la società di domani: voi vi salverete o perirete con essa». E concludeva con un appello: «Costruite nell’entusiasmo un mondo migliore di quello attuale!» (Messaggio ai giovani, 8 dicembre 1965).
Gesù ha inviato i suoi discepoli in missione con questo mandato: «Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato» (Mc 16,15-16). Evangelizzare significa portare ad altri la Buona Notizia della salvezza e questa Buona Notizia è una persona: Gesù Cristo. Quando lo incontro, quando scopro fino a che punto sono amato da Dio e salvato da Lui, nasce in me non solo il desiderio, ma la necessità di farlo conoscere ad altri. All’inizio del Vangelo di Giovanni vediamo Andrea il quale, dopo aver incontrato Gesù, si affretta a condurre da Lui suo fratello Simone (cfr 1,40-42). L’evangelizzazione parte sempre dall’incontro con il Signore Gesù: chi si è avvicinato a Lui e ha fatto esperienza del suo amore vuole subito condividere la bellezza di questo incontro e la gioia che nasce da questa amicizia. Più conosciamo Cristo, più desideriamo annunciarlo.
Cari amici, volgete gli occhi e guardate intorno a voi: tanti giovani hanno perduto il senso della loro esistenza. Andate! Cristo ha bisogno anche di voi. Lasciatevi coinvolgere dal suo amore, siate strumenti di questo amore immenso, perché giunga a tutti, specialmente ai «lontani». Alcuni sono lontani geograficamente, altri invece sono lontani perché la loro cultura non lascia spazio a Dio; alcuni non hanno ancora accolto il Vangelo personalmente, altri invece, pur avendolo ricevuto, vivono come se Dio non esistesse. A tutti apriamo la porta del nostro cuore; cerchiamo di entrare in dialogo, nella semplicità e nel rispetto: questo dialogo, se vissuto in una vera amicizia, porterà frutto. I «popoli» ai quali siamo inviati non sono soltanto gli altri Paesi del mondo, ma anche i diversi ambiti di vita: le famiglie, i quartieri, gli ambienti di studio o di lavoro, i gruppi di amici e i luoghi del tempo libero. L’annuncio gioioso del Vangelo è destinato a tutti gli ambiti della nostra vita, senza alcun limite.
v  … Diventare discepoli:
Il Beato Giovanni Paolo II scriveva: «La fede si rafforza donandola» (Enc. Redemptoris missio, 2). Annunciando il Vangelo voi stessi crescete nel radicarvi sempre più profondamente in Cristo, diventate cristiani maturi. L’impegno missionario è una dimensione essenziale della fede: non si è veri credenti senza evangelizzare. E l’annuncio del Vangelo non può che essere la conseguenza della gioia di avere incontrato Cristo e di aver trovato in Lui la roccia su cui costruire la propria esistenza. Impegnandovi a servire gli altri e ad annunciare loro il Vangelo, la vostra vita, spesso frammentata tra diverse attività, troverà la sua unità nel Signore, costruirete anche voi stessi, crescerete e maturerete in umanità.
Ma che cosa vuol dire essere missionari? Significa anzitutto essere discepoli di Cristo, ascoltare sempre di nuovo l’invito a seguirlo, l’invito a guardare a Lui: «Imparate da me, che sono mite e umile di cuore» (Mt 11,29). Un discepolo, in effetti, è una persona che si pone all’ascolto della Parola di Gesù (cfr Lc 10,39), riconosciuto come il Maestro che ci ha amati fino al dono della vita. Si tratta dunque, per ciascuno di voi, di lasciarsi plasmare ogni giorno dalla Parola di Dio: essa vi renderà amici del Signore Gesù e capaci di far entrare altri giovani in questa amicizia con Lui.
Vi consiglio di fare memoria dei doni ricevuti da Dio per trasmetterli a vostra volta. Imparate a rileggere la vostra storia personale, prendete coscienza anche della meravigliosa eredità delle generazioni che vi hanno preceduto: tanti credenti ci hanno trasmesso la fede con coraggio, affrontando prove e incomprensioni.
Penso che abbiate sperimentato più volte la difficoltà di coinvolgere i vostri coetanei nell’esperienza di fede. Spesso avrete constatato come in molti giovani, specialmente in certe fasi del cammino della vita, ci sia il desiderio di conoscere Cristo e di vivere i valori del Vangelo, ma questo sia accompagnato dal sentirsi inadeguati e incapaci. Che cosa fare? Anzitutto la vostra vicinanza e la vostra semplice testimonianza saranno un canale attraverso il quale Dio potrà toccare il loro cuore. L’annuncio di Cristo non passa solamente attraverso le parole, ma deve coinvolgere tutta la vita e tradursi in gesti di amore. L’essere evangelizzatori nasce dall’amore che Cristo ha infuso in noi; il nostro amore, quindi, deve conformarsi sempre di più al suo. Come il buon Samaritano, dobbiamo essere sempre attenti a chi incontriamo, saper ascoltare, comprendere, aiutare, per condurre chi è alla ricerca della verità e del senso della vita alla casa di Dio che è la Chiesa, dove c’è speranza e salvezza (cfr Lc 10,29-37). Cari amici, non dimenticate mai che il primo atto di amore che potete fare verso il prossimo è quello di condividere la sorgente della nostra speranza: chi non dà Dio, dà troppo poco! Ai suoi apostoli Gesù comanda: «Fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato» (Mt 28,19-20). I mezzi che abbiamo per «fare discepoli» sono principalmente il Battesimo e la catechesi. Ciò significa che dobbiamo condurre le persone che stiamo evangelizzando a incontrare Cristo vivente, in particolare nella sua Parola e nei Sacramenti: così potranno credere in Lui, conosceranno Dio e vivranno della sua grazia. Vorrei che ciascuno si chiedesse: ho mai avuto il coraggio di proporre il Battesimo a giovani che non l’hanno ancora ricevuto? Ho invitato qualcuno a seguire un cammino di scoperta della fede cristiana? Cari amici, non temete di proporre ai vostri coetanei l’incontro con Cristo. Invocate lo Spirito Santo: Egli vi guiderà ad entrare sempre più nella conoscenza e nell’amore di Cristo e vi renderà creativi nel trasmettere il Vangelo.
v  … Vegliare e stare in attesa pieni di gioia:
In conclusione, cari giovani, vorrei invitarvi ad ascoltare nel profondo di voi stessi la chiamata di Gesù ad annunciare il suo Vangelo. Come mostra la grande statua di Cristo Redentore a Rio de Janeiro, il suo cuore è aperto all’amore verso tutti, senza distinzioni, e le sue braccia sono tese per raggiungere ciascuno. Siate voi il cuore e le braccia di Gesù! Andate a testimoniare il suo amore, siate i nuovi missionari animati dall’amore e dall’accoglienza! Seguite l’esempio dei grandi missionari della Chiesa, come san Francesco Saverio e tanti altri.
Benedetto XVI
Non perché un angelo entrò (sappilo questo),
si spaventò. (...)
Non perché entrò ma perché tanto vicino
accostò su di lei l’angelo un volto
di giovinetto; così che il suo sguardo e quello
che lei sollevò furono un battito
come se fuori tutto, a un tratto, fosse vuoto
e l’affanno di milioni, il guardare, l’andare
tutto fosse penetrato in loro; solo lei e lui,
lo sguardo e chi è guardato, l’occhio e la sua delizia,
in nessun altro luogo se non qui –: vedi
è questo che sgomenta. E fu sgomento a entrambi.
Poi intonò l’angelo la sua melodia.

Rainer Maria Rilke (da Das Marien-Leben, 1912)

lunedì 5 novembre 2012

La Creatività al Potere!

Provo a restituire qualcosa di Don Renato, nella consapevolezza di consegnare soltanto un frammento dei suoi ultimi anni.
Ricordo e catechesi per Don Renato Gargini

A Marina di Massa il vento della mareggiata spazzava la spiaggia e gonfiava le onde. “Don Renato, a questo vento si sala come una sardina!”. Quando i cavalloni si rincorrono in quel modo la salsedine arriva a palate. Ma a don Renato, così mi diceva, piaceva anche quel tempo così burrascoso e antipatico per le attività del Soggiorno estivo dell’Apr. Fissando il mare grigio ricordavamo come anche i santi e i mistici, da Agostino a Caterina da Siena, hanno parlato del mare per parlare di Dio. Don Renato commentava in economia di parole, più assorto nella contemplazione che interessato a intrecciare un ampio discorso. Un tratto sempre più emergente nei suoi ultimi anni, ma sempre custodito. Dalla sua contemplazione, infatti, scaturiva l’urgenza di un’operatività creativa, coinvolta pienamente nella vita e nei drammi degli uomini, che sapeva trarre sintesi inaspettate da immagini, fatti o parole apparentemente sconnessi. Così una riflessione sulla catechesi poteva prendere avvio da un calzino, le vicende geopolitiche della Cina incidere sull’attenzione alla disabilità, George Lemaitre con la sua teoria del Big bang, rimandare alle espressione di uno dei ragazzi del centro. A volte le acrobazie garginiane erano ardue da seguire fino in fondo, ma sempre finalizzate a leggere la complessità della storia alla luce dei piccoli, che poi è la luce di Dio. C’era un retroterra teologico fatto di letture ripetute e profondamente assimilate, come quella di Teilhard de Chardin, per cui tutta la storia dell’umanità è coinvolta in un grandioso cammino evolutivo dove Cristo è cifra e misura fuori-misura della méta. Ma c’era poi la grande mistica spagnola di Giovanni della Croce e la “notte oscura” della fede riletta nei termini delle “oscurità e dei limiti” della vita disabile.

I piccoli con cui don Renato ha condiviso la sua esistenza, chiedevano –ribadiva- l’impegno e l’investimento della Chiesa, attraverso un rinnovato approccio che superasse il pietismo e l’accettazione passiva del male per renderli finalmente protagonisti. Occorreva mettere a frutto i contributi del Concilio e tutta la sua vasta esperienza nella catechesi per operare soluzioni nuove ed incisive. Un’impresa in cui nessuno, con i suoi propri carismi, poteva tirarsi indietro. La consapevolezza di seguire la via giusta lo spingeva a indicare a ciascuno la sua missione personale, a rinforzare i “non puoi, ma devi”, l’invito a fare subito e senza indugi. Celebre il suo “per ieri!” a chi, ingenuamente, chiedeva una scadenza. Il successo, una volta seguite le sue indicazioni, non era garantito e di sicuro il primo tentativo non era quello riuscito.

Ma alla radice del suo agire c’era soprattutto una fede tenace, alimentata da una vita di preghiera profonda e continuativa anche nell’azione operosa. L’Eucarestia era il centro di tutto: il momento di sintesi per eccellenza. Nella messa tutta la vita del centro era coinvolta, tutte le storie, le lacrime e le gioie dei ragazzi e delle loro famiglie. Per i singoli e le famiglie Don Renato aveva un’attenzione speciale, mai pietistica o meramente assistenziale, ma sollecita all’azione battagliera e coraggiosa, finalizzata a ottenere riconoscimenti, sostegno, dalla semplice disponibilità all’ascolto all’impegno pratico per l’acquisto di uno scaldabagno. Con i ragazzi era sempre in attesa dell’evento profetico, del segno con cui interpretare la realtà, dell’insegnamento con cui lasciarsi catechizzare e istruire.

Si potrebbe aggiungere ancora molto, ma a questo punto, preferisco sterzare il discorso verso formulazioni a lui più congeniali. Don Renato mi perdonerà se gli faccio un po’ il verso (non escludo tirate di piedi e bacchettate nel sonno), ma mi sembrava il modo migliore per raccontarlo, intrecciando le immagini con alcune sue citazioni in una sorta di cartellone catechistico.

1.

Come instradarsi verso la pienezza della vita?
Maria ci educa al sì che rivoluziona la nostra esistenza! Pronunciare il proprio sì al Signore nel servizio ai fratelli più piccoli spalanca la vita! La disponibilità al volontariato “è la svolta per uscire da te e ritrovarti più ricco, perdendoti e più capace di non disperdere la tua vita, imparando a donarla”. Così, nella città del consumo e della marginalità, fiorisce un giardino. Qui la vita consegnata al Signore nel servizio si apre allo stupore dell’incontro. Così nasce il canto e la creatività, ci si apre alla responsabilità e all’impegno che chiede ogni vocazione. Qui nasce la bellezza che attrae e chiama alla conversione.

2.

Simone indica la croce. C’era anche lui alla vigilia del Giubileo del 2000, quando nella Cappella dedicata a Maria Madre Nostra nel centro di San Biagio ha sostato la croce del Papa. E’ la croce che accompagna i giovani alle Giornate Mondiali della Gioventù: indicazione sicura per la navigazione sulle rotte della fede. 
Nella “notte oscura” della disabilità, c’è il peso del limite, l’intermittenza o la discontinuità comunicativa, il mistero del dolore, ma anche la via privilegiata per l’unione con Dio. “Come la croce è il momento culminante dell’azione di Cristo, anche l’handicap, vissuto come Croce, può diventare una fonte di crescita dell’umanità”. Guidare i piccoli all’incontro con Dio significa aiutarli a raggiungere la pienezza della vita in Lui e renderli protagonisti dell’evangelizzazione. Nella fede, infatti, si fa sempre più trasparente il mistero che è in loro.



3.

Sulla strada per Valdibrana, nel rigoglio primaverile, è sempre nuova la gioia del pellegrinaggio. Insieme il cammino è più leggero e la meta attrattiva. Sono molteplici la vie del servizio e una parola chiave è comunicazione. Comunicazione che nasce dall’accoglienza e dall’ascolto dei piccoli, dalla necessità di sperimentare linguaggi, sollecitare interesse, rivelare la quotidianità dolorosa e la dedizione delle famiglie con disabili. Ma soprattutto è comunicazione di una gioia possibile e sorprendente, propriamente evangelica. “E strada facendo, predicate che il regno dei cieli è vicino. Guarite gli infermi, risuscitate i morti, sanate i lebbrosi, cacciate i demòni” (Mt 10, 7-8). Evangelizzazione e guarigione non vanno disgiunte. Anche dall’handicap si può guarire, ma insieme, camminando sulle vie dell’amore.
4.

E’ dolce il volto di Cristo. 
Nel Santo Volto di Manoppello, tanto caro a Don Renato, si vedono, in trasparenza, i segni della passione che ripetono quelli sulla Sindone. Nelle ferite di Cristo si riconoscono le ferite che guastano l’uomo nella disabilità del corpo come in quella del cuore. Ma le ferite si ricompongono nel volto del Vivente che pacifica con lo sguardo sereno e pieno di amore. 
“Il luogo dell’handicap è quello che permette di sognare. La creatività, la novità e la potenza resurrezionale che agita in Cristo la storia dell’uomo contraddistinguono tutto ciò che è o si agita intorno all’handicap”. Molto è stato fatto, la strada spianata, purché l’azione si fondi nella contemplazione. Don Renato l’aveva fatto scrivere sul retro di questo volto, donato in regalo dai ragazzi del centro: “guardandolo cresce l’amore”.



Salato come una sardina, sulla spiaggia di Marina di Massa Don Renato puntava meditabondo il montare delle onde. Oggi lo voglio immaginare come sardina celeste, guizzante tra branchi di santi e ragazzi che l’hanno preceduto, mentre punta dritto verso quel Volto che è abisso d’amore e di creatività infinita.