Stanotte ho fatto un sogno. Dal mio giaciglio romano mi ritrovavo catapultato a Pistoia, dove la costruzione del nuovo centro era ormai quasi terminata e anche la nuova cappella sembrava quasi pronta. Le porte erano già ultimate e sopra una delle due ante era stato trascritto il Magnificat. Accanto era raffigurata la Madonna che indicava Gesù nell’Eucarestia e faceva cenno con l’altra mano, invitando ad entrare, in forme dolci e semplici che forse sarebbero piaciute a don Renato.
Nel Magnificat Maria ci racconta lo stile di Dio, che sempre sorprende perché confonde le convenzioni del mondo, esalta i piccoli e gli umili e rovescia i potenti, si ricorda della sua misericordia per fare di noi e della nostra storia cose grandi. Mi pare di recuperare le tracce di questo stile in tre discorsi che papa Francesco ha pronunciato di recente e che mi sono sembrati significativi per la nostra realtà associativa e per il suo lavoro comunicativo.
Rivolgendosi ad alcuni rappresentanti del Movimento Apostolico Ciechi e della Piccola Missione per i sordomuti, il Papa ha parlato della testimonianza che nasce dalle persone disabili. Come loro può invitare all’incontro con Gesù chi prima lo ha conosciuto personalmente, anzi, - precisa Francesco – chi «si è sentito conosciuto da Lui, riconosciuto, rispettato, amato, perdonato, e questo incontro lo ha toccato in profondità, lo ha riempito di una gioia nuova, un nuovo significato per la vita».
Serena, che aveva preparato un discorso per il Convegno sulla Catechesi ai Disabili di Pescara, partiva proprio da qui per raccontare la sua gioiosa esperienza.
Ma in quel discorso il Papa si fermava anche sulla fragilità: un termine, se non sbaglio, che spesso riaffiora nel suo magistero, compresa l’enciclica Evangelii Gaudium. Il limite e la fragilità personali, quando sono riconosciute, accolte, condivise e consegnate al Signore, possono far nascere comunità: «in effetti, solo chi riconosce la propria fragilità, il proprio limite può costruire relazioni fraterne e solidali, nella Chiesa e nella società». Nella verità e nella libertà di questa accoglienza reciproca nel Signore si può vivere una realtà nuova. È bello, così, leggere come Serena concludeva il suo intervento per il Convegno Catechistico: «sono qui a testimoniare quanto sia importante lo scambio, e il reciproco sostegno nel seguire il Signore, “ingredienti” che sono alla base della realtà che ho la fortuna, e la Grazia di vivere».
Su questa strada, che parte dalla fragilità riconosciuta ed accolta, si può raggiungere la bellezza autentica, quella inevitabilmente “comunicativa” che supera ogni resistenza e confonde mentalità dominanti, ribalta il luogo comune e la strategie comunicative dei grandi media. È la forza della debolezza e della fragilità vissute con Gesù.
Di questo, però, non siamo mai abbastanza convinti.
Neppure i più navigati si sottraggono alla tentazione di quelle forze interiori ed esteriori che prediligono, nella vita spirituale come in quella comunitaria, l’ordine, la pianificazione razionale e autoreferenziale, l’organizzazione in base alle risorse e non lasciano spazio al primato della grazia che si manifesta nella debolezza.
La conversione, in fondo, chiede di fare esperienza proprio di questo. Abbiamo imparato un po’ tutti, d’altra parte, che svalutare ciò che è piccolo e debole e far tacere chi soffre, non significa soltanto amputare la realtà, ma anche intaccare ogni giusta considerazione della vita. Conformati al pensiero dominante è facile confondersi nelle vie che deformano il vero, il buono e il bello, così come ha precisato Papa Francesco rivolgendosi ai media cattolici dell’Associazione Corallo (e questo è il secondo discorso su cui vorrei soffermarmi).
“Io penso, cerco la verità…”: stai attento a non diventare un intellettuale senza intelligenza. “Io vado, cerco la bontà…”: stai attento a non diventare un eticista senza bontà. “A me piace la bellezza…”: sì, ma stai attento a non fare quello che si fa spesso, “truccare” la bellezza, cercare i cosmetici per fare una bellezza artificiale che non esiste. La verità, la bontà e la bellezza come vengono da Dio e sono nell’uomo».
http://www.tvl.it/papa-incontro-corallo
La vita diventa bella - ci dice il papa in un terzo, breve discorso rivolto agli operatori nella pastorale della salute (Ai partecipanti alla plenaria del pontificio consiglio per gli operatori sanitari,Lunedì, 24 marzo 2014) - quando sa integrare anche la fragilità, compresa la sofferenza, perché in essa, senza compromessi, Cristo ha condiviso il cammino dell’uomo. «Dio nel suo amore misericordioso per l’uomo e per il mondo abbraccia anche le situazioni più disumane, nelle quali l’immagine del Creatore presente in ogni persona appare offuscata o sfigurata. Così è stato per Gesù nella sua Passione. In Lui ogni dolore umano, ogni angoscia, ogni patimento è stato assunto per amore, per la pura volontà di esserci vicino, di essere con noi. E qui, nella Passione di Gesù, c’è la più grande scuola per chiunque voglia dedicarsi al servizio dei fratelli malati e sofferenti.
L’esperienza della condivisione fraterna con chi soffre ci apre alla vera bellezza della vita umana, che comprende la sua fragilità».
Accanto a Lui nei piccoli è possibile aprirsi alla vera bellezza della vita. Da qui scaturisce la comunicazione che assume tutto l’umano, proviene e parla di Dio, anche implicitamente. La via del bene, del vero e del bello che il Papa ha indicato alle emittenti cattoliche ci riguarda proprio a partire da qui.
Ma forse, mi viene da pensare, ci riguarda anche perché si tratta di un percorso condiviso. Creare lo spazio perché ognuno possa far fiorire la propria vocazione è la missione creativa in cui cresce una comunità, nella consapevolezza di dover frenare le tentazioni all’assorbimento (più o meno clericale) di cui parlava il Papa nel discorso al Corallo (merita andarselo a rileggere). Tutti – raccontava Luigi al Papa (suscitando la strana sensazione di averlo ospite al Canto al Balì) - siamo importanti nella comunicazione, e il risultato è tanto più efficace quando proviene da una unità armonica. Il Papa, riprendendo le parole del discorso commosso e diretto di Luigi, ha ribadito e ampliato il concetto: « nella Chiesa non c’è né grande né piccolo: ognuno ha la sua funzione, il suo aiuto all’altro, la mano non può esistere senza la testa, e così via. Tutti siamo membri, e anche i vostri media, che siano più grandi o più piccoli, sono membri, e armonizzati per la vocazione di servizio nella Chiesa. Nessuno deve sentirsi piccolo, troppo piccolo rispetto ad un altro troppo grande. Tutti piccoli davanti a Dio, nell’umiltà cristiana, ma tutti abbiamo una funzione. Tutti! Come nella Chiesa… Io farei questa domanda: chi è più importante nella Chiesa? Il Papa o quella vecchietta che tutti i giorni prega il Rosario per la Chiesa? Che lo dica Dio: io non posso dirlo. Ma l’importanza è di ognuno in questa armonia, perché la Chiesa è l’armonia della diversità. Il corpo di Cristo è questa armonia della diversità, e Colui che fa l’armonia è lo Spirito Santo: Lui è il più importante di tutti.»
Questo finale di Quaresima ci può aiutare a tener presente il primato di Dio nella vita personale e comunitaria, per imparare ad assumere lo stile di Dio, che fa cose grandi in chi si abbandona a Lui e si serve dei piccoli per confondere i potenti.
Ma forse, mi viene da pensare, ci riguarda anche perché si tratta di un percorso condiviso. Creare lo spazio perché ognuno possa far fiorire la propria vocazione è la missione creativa in cui cresce una comunità, nella consapevolezza di dover frenare le tentazioni all’assorbimento (più o meno clericale) di cui parlava il Papa nel discorso al Corallo (merita andarselo a rileggere). Tutti – raccontava Luigi al Papa (suscitando la strana sensazione di averlo ospite al Canto al Balì) - siamo importanti nella comunicazione, e il risultato è tanto più efficace quando proviene da una unità armonica. Il Papa, riprendendo le parole del discorso commosso e diretto di Luigi, ha ribadito e ampliato il concetto: « nella Chiesa non c’è né grande né piccolo: ognuno ha la sua funzione, il suo aiuto all’altro, la mano non può esistere senza la testa, e così via. Tutti siamo membri, e anche i vostri media, che siano più grandi o più piccoli, sono membri, e armonizzati per la vocazione di servizio nella Chiesa. Nessuno deve sentirsi piccolo, troppo piccolo rispetto ad un altro troppo grande. Tutti piccoli davanti a Dio, nell’umiltà cristiana, ma tutti abbiamo una funzione. Tutti! Come nella Chiesa… Io farei questa domanda: chi è più importante nella Chiesa? Il Papa o quella vecchietta che tutti i giorni prega il Rosario per la Chiesa? Che lo dica Dio: io non posso dirlo. Ma l’importanza è di ognuno in questa armonia, perché la Chiesa è l’armonia della diversità. Il corpo di Cristo è questa armonia della diversità, e Colui che fa l’armonia è lo Spirito Santo: Lui è il più importante di tutti.»
Questo finale di Quaresima ci può aiutare a tener presente il primato di Dio nella vita personale e comunitaria, per imparare ad assumere lo stile di Dio, che fa cose grandi in chi si abbandona a Lui e si serve dei piccoli per confondere i potenti.
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