
- Casa di Simone e di Fiammetta Del Bino via D'Aragona - Bottegone
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Ci si avvicina a Natale e i giorni trascorsi a La Verna assieme a Irene hanno portato spunti per riflessioni legate a questo evento. Riflessioni che vorrei condividere con voi.
Innanzitutto, come immagino sappiate, il luogo della nascita è una mangiatoia. Io ho sempre pensato che volesse simboleggiare semplicità e povertà, in realtà mi hanno fatto notare che c'è dell'altro. Gesù nasce a Betlemme, nome che voul dire "casa del pane", in una mangiatoia poiché egli sarà pane di vita. Nasce in una mangiatoia perché il suo destino è quello di essere mangiato. Incredibile, ma io non ci avevo mai pensato e probabilmente non ci sarei mai arrivato se non me l'avesse fatto notare una gentile suora. Eppure si sa che Dio non spreca le sue forze e nulla avviene per caso.
Da qui segue allora un altro ragionamento: queste "Dioincidenze" (termine noto a chi è venuto con me in Etiopia) ci sono nella vita di tutti i giorni? La risposta ovviamente è sì, basta avere occhi per poterle vedere (dice il Piccolo Principe: "Non si vede bene che con il cuore. L’essenziale è invisibile agli occhi").
Non c'è dubbio che viviamo in un periodo di grandi grazie infatti molti sono i Santi moderni che ci hanno lasciato traccia di un cammino da seguire. Dobbiamo imparare da loro per mettere Dio al centro della nostra vita.
Un altro spunto, ce l'ha dato un ragazzo, dicendoci che lui nel presepe, oltre alle varie statuine, ci mette anche il crocifisso. Per lui il Natale rappresenta l'inizio della Pasqua.
Infine il Natale è un periodo molto rumoroso, c'è traffico e la gent
e si affolla dentro i negozi, per questo è importante riscoprire il valore del silenzio. Silenzio in noi e negli altri.
Stamattina alla mensa dei poveri di Torino c'è stato un po' di trambusto, poiché, complice il freddo, latte e thé sono finiti. Potete immaginare che l'umore di chi vive per strada, dopo vedersi rifutata una tazza di latte, non possa essere dei migliori. In tutto il trambusto però chi ha avuto la peggio è chi è stato silenzioso nel suo tavolo. Alla fine suor Teresa ce l'ha fatto notare: i prepotenti hanno avuto quello che volevano, gli altri sono rimasti a bocca asciutta perché non ci siamo accorti di loro che invece, ultimi tra gli ultimi, avrebbero dovuti essere al centro della nostra attenzione. Vi invito quindi in questi giorni a cercare quelle persone che, in un modo o in un altro, sono silenziose, invisibili. E con ciò naturalmente non mi riferisco solo ai barboni: ognuno ha modo di esprimere il proprio silenzio.
Andrea
Ecco: la vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele. Isaia, VII, 14
Poiché un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio. Sulle sue spalle è il
Circoncidetevi per il Signore, circoncidete il vostro cuore. Geremia IV, 4
La bellezza, da quella che si manifesta nel cosmo e nella natura a quella che si esprime attraverso le creazioni artistiche, proprio per la sua caratteristica di aprire e allargare gli orizzonti della coscienza umana, di rimandarla oltre se stessa, di affacciarla sull’abisso dell’Infinito, può diventare una via verso il Trascendente, verso il Mistero ultimo, verso Dio. L’arte, in tutte le sue espressioni, nel momento in cui si confronta con i grandi interrogativi dell’esistenza, con i temi fondamentali da cui deriva il senso del vivere, può assumere una valenza religiosa e trasformarsi in un percorso di profonda
Si parla, in proposito, di una via pulchritudinis, una viadella bellezza che sostituisce al tempo stesso un percorso artistico, estetico, e un itinerario di fede, di ricerca teologica. Il teologo Hans Urs von Balthasar apre la sua grande opera intitolata Gloria. Un’estetica teologica con queste suggestive espressioni: “La nostra parola iniziale si chiama bellezza. La bellezza è l’ultima parola chel’intelletto pensante può osare di pronunciare, perché essa non fa altro che incoronare, quale aureola di splendore inafferrabile, il duplice astro del vero e del bene e il loro indissolubile rapporto”. Osserva poi: “Essa è la bellezza disinteressata senza la quale il vecchio mondo era incapace di intendersi, ma che ha preso congedo in punta di piedi al moderno mondo degli interessi, per abbandonarlo alla sua cupidità e alla sua tristezza. Essa è la bellezza che non è più amata e custodita nemmeno dalla religione”. E conclude: “Chi, al suo nome, increspa al sorriso le labbra, giudicandola come il ninnolo esotico di un passato borghese, di costui si può essere sicuri che – segretamente o apertamente – non è più capace di pregare e, presto,nemmeno di amare”.
Ecco, errando fuggirei lontano, abiterei nel deserto. Salmo 55, 8
Il legame profondo tra bellezza e speranza costituiva anche il nucleo essenziale del suggestivo Messaggio che Paolo VI indirizzò agli artisti alla chiusura del Concilio
Cari Artisti, avviandomi alla conclusione, vorrei rivolgervi anch’io, come già fece il mio Predecessore, un cordiale, amichevole ed appassionato appello. Voi siete custodi della bellezza; voi avete, grazie al vostro talento, la possibilità di parlare al cuore dell’umanità, di toccare la sensibilità individuale e collettiva, di suscitare sogni e speranze, di ampliare gli orizzonti della conoscenza e