A volte c'è proprio bisogno di fermarsi e fare come Maria di Betania, la
sorella di Marta . È la sensazione che abbiamo sperimentato alla
Fondazione MAiC nei primi giorni di dicembre.
Giorni pieni di affanni, passati ad organizzare il trasloco dalla
storica sede di via San Biagio 102 alla nuova, intitolata ai "fratelli
Carrara". Giorni pieni anche di felicità, per un progetto che trova il
coronamento nell'avvio dei servizi a favore delle persone diversamente
abili del nostro territorio, reso possibile grazie alla generosità della
famiglia Carrara ed alla erogazione della Fondazione Cassa di Risparmio
di Pistoia e Pescia. Giorni pieni di ansia per una nuova pagina di
storia della Fondazione tutta da scrivere, con la grande responsabilità
di dover far fruttare i talenti che ci sono stati donati. Il centro è
intitolato alla memoria dei fratelli Carrara, imprenditori coraggiosi
che hanno saputo tradurre i risultati aziendali anche in beneficio e
crescita del territorio dove sono nati e vissuti.
Abbiamo trascorso davvero "giorni di Marta". Eppure, giunti al termine
di questo grande passaggio, abbiamo avvertito urgente il bisogno di
assumere l'atteggiamento di Maria.
Perché abbiamo fatto tutto questo? E per chi?
Così, Paradossalmente, nei giorni della massima tensione al futuro,
abbiamo guardato -direi: dovuto guardare! - al nostro passato,
all'impegno operoso ed intelligente del laicato pistoiese che ha
investito tante energie nella Fondazione; all'insegnamento spirituale di
chi ne è stato la sua guida per tanto tempo, don Renato Gargini;
all'amore di una zia per il nipote, un bambino con disabilità, che nel
1963 è stato l'origine di una avventura longeva e gratificante.
Dopo tanto lavorare, Ci siamo quindi ritrovati come Maria di Betania ad ascoltare la Parola ed a celebrare l'Eucaristia.
Il Vescovo, che ha celebrato l'Eucaristia per noi il 7 dicembre nella
solennità dell'Immacolata Concezione di Maria, ci ha ricordato di non
considerare la nostra nuova sede semplicemente come una "struttura". Ma
di guardarla come una fucina di amore e dignità, di cura e sollievo. La
bellezza della struttura deve diventare specchio e ispirazione per
questo: "specchio" perché una struttura bella indica la bellezza di chi
vi abita e vi cresce; "ispirazione", perché anche nei momenti di
stanchezza, o di delusione, il bello che ci circonda stimola ad essere
propositivi, amorevoli.
Il Vescovo ci ha richiamato anche all'importante nome che la nostra
Fondazione ha. Quell'acronimo un po' strano, MAiC, Maria Assunta in
Cielo è una vera e propria missione: seguire Maria nel suo dire sì alla
vita nascente; nel suo esempio di madre, e di madre spesso chiamata a
coltivare preoccupazioni ed a sperimentare il dolore; nel modello di
santità, obbediente e lieta. Abbiamo posto nel nostro centro l'immagine
della Annunciazione del Beato Angelico, che ci è sembrata la
raffigurazione, tenera ed esigente, di una Madre che si accinge a dire
un sì tanto impegnativo. La nostra missione è quella di essere vicino e
di supporto ai "si" che ogni giorno tante madri e tante famiglie dicono
alla vita, e lo confermano con convinzione quasi eroica, offrendo esempi
di santità.
L'immagine dell'Annunciazione è stata portata in processione dalla
cappella del vecchio centro al nuovo centro. La processione ha dato il
senso della continuità fra il vecchio ed il nuovo ed ha voluto essere il
segno del nostro radicamento sul territorio come "luogo di impegno e di
amore" per la città intera.
Dal 9 dicembre il centro è divenuto totalmente operativo, ospitando
oltre 140 persone con disabilità della provincia di Pistoia. Ogni
mattina 60 professionisti della riabilitazione e dell'assistenza
prestano la loro opera a servizio delle persone con disabilità in un
questa sede (mentre altro 63 lavorano nelle altre
L'interno del centro nuovo |
sedi della Fondazionr)
Quando tutto ha iniziato a funzionare, ancora una volta eravamo pervasi
dall'atteggiamento di Marta, ma i ragazzi del Centro ci hanno
ricondotto subito, e con la loro immediatezza, all'essenziale. "Com'è
bello il sole" ha esclamato Alba, baciata dai raggi attraverso i vetri.
"Non ho mai avuto una stanza così bella" ha detto Gabriella entrando
nel nuovo ambiente di terapia. Massimo, invece, non parla e non vede, ma
ha iniziato a toccare il vetro e sorrideva perché lo sentiva caldo o
freddo a seconda dell'orientamento del sole. Marco, che di solito cerca
il muro e sbattere la testa nel mistero del suo autismo, davanti alla
trasparenza del vetro e del panorama circostante è rimasto incantato, ed
ha sorriso, senza sbattere la testa.
Abbiamo allora trovato le risposte alle domande che ci eravamo fatti nei giorni frenetici del trasloco, ed abbiamo detto il
nostro grazie al Signore per averci fatto condotto a questo risultato
così impegnativo. Dopo i giorni di Marta anche noi ci siamo seduti ai
Suoi piedi, ascoltandone la Parola, arrivata anche tramite il cuore e l
voce dei nostri ragazzi.
La benedizione di Sua Eccellenza il Vescovo Tardelli |
Luca Gori