Domenica 27 Gennaio alle ore
16.00 nella Cattedrale di Pistoia, sarò istituito lettore. E’ il primo
ministero che accompagna il percorso verso il sacerdozio.
In cosa consiste? «Il
Lettore è istituito per l’ufficio, a lui proprio, di leggere la parola di Dio
nell’assemblea liturgica. Pertanto, nella messa e nelle altre azioni sacre
spetta a lui proclamare le letture della Sacra Scrittura (ma non il Vangelo);
in mancanza del salmista, recitare il salmo; quando non sono disponibili né il
diacono né il cantore, enunciare le intenzioni della preghiera universale dei
fedeli; dirigere il canto e guidare la partecipazione del popolo fedele;
istruire i fedeli a ricevere degnamente i sacramenti. Egli potrà anche – se sarà necessario – curare la preparazione degli altri
fedeli, i quali, per incarico temporaneo, devono leggere la Sacra Scrittura
nelle azioni liturgiche” (Paolo VI, Ministeria quaedam,
15.08.1972, IV).
Mi affido alle vostre
preghiere e al vostro affetto.
E vi lascio un piccolo
pensiero post-natalizio.
* * *
La notte di Natale saliamo
traballando sul pulpito della Cattedrale. Con una mano sulla vite e l’altra disperatamente aggrappata al fusto
della colonna mi inerpico anch’io sugli stretti gradini che le girano attorno.
Dalla cassa del pulpito la Cattedrale appare ancora più affollata. Si incensa l’evangeliario
mentre guardo la folla muta e smarrita nelle grandi navate. E’ la folla tipica
della grandi celebrazioni, quando anche i più refrattari o traballanti nella
fede si ritrovano in chiesa per la Messa di Mezzanotte. Tutti in silenzio, con
lo sguardo puntato verso l’alto, tra lo stupore di quell’insolita deviazione e
la suggestione di un rito antico nella cattedrale romanica. Da lassù incrocio
quasi ogni volto, teso in silenzio nell’istante che precede la Parola. Dietro
ogni volto un abisso. “Un abisso chiama un altro abisso” ( Salmo 42,7). In un
attimo lo spazio cavo delle alte navate è risucchiato dalle profondità
smisurate che si aprono, una accanto all’altra, davanti al libro del Vangelo. Abissi
di vuoto e di desiderio, scoperchiati quasi per caso, sorpresi nell’invocazione,
richiamati da un appello inatteso. In quell’istante così lungo e sospeso mi si
è piantata tra le costole una fitta di sgomento e compassione. Agostino doveva
aver provato qualcosa di simile. “Riteniamo
che il cuore dell'uomo non sia un abisso? Cosa c'è infatti di più profondo di
quest'abisso? Gli uomini possono parlare, li possiamo vedere attraverso le
azioni delle loro membra, li possiamo ascoltare nei loro discorsi; ma quale
pensiero si penetra, in quale cuore si indaga? Chi mai potrà comprendere che
cosa l'uomo reca nell'intimo, che cosa può, che cosa sa, di che cosa dispone,
che cosa vuole, che cosa non vuole? (…) Se dunque l'uomo è l'abisso, in qual modo l'abisso invoca l'abisso? (…)
Invocano l'abisso i santi che predicano
la parola di Dio. Forse che anch'essi non sono abissi?” (Sant’Agostino,
Esposizione sul Salmo 42).
Anche nel dramma di una fine
violenta l’ultimo giorno dell’anno può concedere il conforto di un funerale
diverso. Il lutto cede il posto al ringraziamento ed il Te Deum, l’antico inno che chiude una stagione sigilla un’esistenza
spezzata. Nella chiesa c’è tutto il paese e fuori un sagrato affollato di
fedeli e giornalisti. Alla Comunione accompagno il diacono fin sulla soglia
dell’ingresso avanzando a fatica in un faticoso corpo a corpo. E’ un assedio
improvviso e su ogni lato di mani tese che cercano l’ostia. Lo sgomento e il
dolore non saziano. Così la fame di Dio racconta più di ogni parola la vicenda
quotidiana del sacerdote assassinato.
Più tardi si festeggia l’anno che arriva.
Manca poco a mezzanotte perché l’abbondanza
del cenone tira sempre per le lunghe, ma nella Cappella della Comunità Maria
Madre Nostra a San Biagio si prega per l’anno che passa e per quello che verrà.
Le preghiere dei ragazzi disabili sono sempre le più belle. Aprono al sorriso, sono
semplici, eloquenti anche quando sono senza parole. Non ci sono troppi
propositi per l’anno nuovo né richieste personali: quest’anno sono quasi tutte
per Don Renato. E’ una comunità che prega, sorride e si commuove e neppure si accorge
che arriva mezzanotte. Nella foto accanto all’altare don Renato continua a
guidare i suoi piccoli lungo la strada. Così almeno sembra di capire, anche se
guida davvero chi impara a seguire.
Qual è dunque la vocazione del prete? In
bilico tra gli abissi, continuamente affacciato sulla luce e le tenebre. Quando
finiscono le feste la domanda si fa più acuta. Si chiudono esperienze terrene e
la domanda si fa più pressante. Quando le feste finiscono, piantati tra le
costole, giusto sopra le inevitabili conseguenze di pranzi e panettoni, mi
accompagnano gli sguardi tesi nella Santa Notte, le mani tese, le preghiere del
cuore. Che abbiano qualcosa da dire sul ministero del prete? (Ugo)