in questo momento di grande pena ci sono di consolazione due figure di martiri. Due vite spezzate, due perdenti agli occhi del mondo che hanno speso la loro vita per iniziative e attività apparentemente inutili e del tutto marginali. Ma questo soltanto agli occhi degli uomini.
Credo che il loro esempio ci inviti prima di tutto alla conversione, al radicamento al Vangelo e ai piccoli.
Quanto più si rimane fedeli alla propria missione, purificando il cuore e la mente nella preghiera e nel servizio, tanto più il Signore può vincere le divisioni e le oscurità, colmare le distanze apparentemente più incolmabili.
Paulos Faraj Rahho è stato arcivescovo cattolico iracheno dalla diocesi caldea di Mossul.
Nel 1989 ha fondato la “Fraternità Oasi della Carità e Gioia” per accogliere bambini disabili. Durante il suo episcopato si è impegnato a fondo per la promozione del dialogo interreligioso. Il 29 febbraio 2008 Mons. Rahho è stato rapito da un commando di uomini armati. Dopo alcuni giorni di inutili trattative per la sua liberazione, è stato trovato morto il 12 marzo.Può sembrare un controsenso ma è forte la testimonianza che offre l'Oasi della carità e gioia di Mossul, la casa di accoglienza per giovani disabili fondata il 28 agosto 1986 da mons. Paulos Faraj Rahho. La sua tragica morte non ha fermato questa opera che raccoglie intorno a sé centinaia di giovani e adulti in tutto l'Iraq, rivolta all'accoglienza e all'assistenza di bambini e giovani diversamente abili. L'eredità di mons. Rahho, infatti, è stata raccolta dal vescovo ausiliare di Baghdad, mons. Shlemon Warduni, coordinatore dell'oasi e da Imad Azid.
Un incontro particolare. "Imad Azid (…) nel 1986 era un soldato impegnato nell'esercito iracheno nella guerra contro l'Iran. Di ritorno dal fronte, s'imbatté a Mossul, in un giovane disabile che avvicinatolo gli mostrò affetto e bontà. Colpito da questo incontro, ne parlò con il compianto mons. Rahho, al tempo parroco nella chiesa di san Paolo, che iniziò ad impegnarsi per alleviare le tristi condizioni di questi disabili bambini e giovani in particolare". "Gli inizi (…) non furono facili, anche perché i volontari che da subito, si dedicarono con mons. Rahho a queste persone, trovarono molta resistenza nelle famiglie degli stessi disabili, considerati, nella cultura locale, come una vergogna, quindi da tenere in casa nascosti. Per alcuni erano addirittura ritenuti una punizione divina. Molti sono stati trovati in casa legati, che non sapevano parlare o camminare, lasciati soli".
Inizi difficili ma grandi gioie. "La prima cosa (…) fu avvicinare le famiglie dei bambini e dei giovani e superare una certa loro resistenza. La diffidenza nei confronti degli operatori che cercavano di entrare in contatto con i figli piano piano è diminuita. Soprattutto quando si sono accorti che i loro piccoli venivano accolti, amati, curati, educati. I progressi erano e sono notevoli al punto che qualche ragazzo è rientrato in famiglia". "Una delle gioie più grandi (…) è stata sentire dire da qualche genitore di aver riscoperto nel figlio disabile una persona e dunque una rinnovata genitorialità. Al rifiuto del figlio è subentrata l'accoglienza e soprattutto l'amore". "Da questo impegno è nata la Fraternità della carità e gioia, suddivisa in quattro settori: i volontari, gli assistenti spirituali, i piccoli disabili, chiamati fratelli, e infine i loro genitori. Con la fraternità nacque, a Mossul, anche la prima casa, l'oasi della carità e gioia, per ospitare i disabili".(dal blog: Baghdadhope)
Don Andrea Santoro (Priverno, 1945 – Trebisonda 2006). Sacerdote cattolico della diocesi di Roma. Nel 2000 è inviato in Turchia come fidei donum. Per iniziativa di don Andrea è nata “Finestra per il Medio Oriente”, organizzazione che vuole favorire uno “scambio di doni spirituali” tra Oriente e Occidente. Dopo cinque anni di autentica presenza cristiana viene ucciso a Trabzon (Trebisonda) nella chiesa di Santa Maria il 5 febbraio 2006.
In questo cuore nello stesso tempo “luminoso”, “unico” e “malato” del Medio Oriente è necessario entrare: in punta di piedi, con umiltà, ma anche con coraggio. La chiarezza va unita all’amorevolezza. Il vantaggio di noi cristiani nel credere in un Dio inerme, in un Cristo che invita ad amare i nemici, a servire per essere “signori” della casa, a farsi ultimo per risultare primo, in un Vangelo che proibisce l’odio, l’ira, il giudizio, il dominio, in un Dio che si fa agnello e si lascia colpire per uccidere in sé l’orgoglio e l’odio, in un Dio che attira con l’amore e non domina col potere, è un “vantaggio” che può sembrare “svantaggioso” e perdente e lo è, agli occhi del mondo, ma è vittorioso agli occhi di Dio e capace di conquistare il cuore del mondo (…) Ringrazio Dio di quanti hanno aperto il loro cuore. Ma sia ancora più aperto e ancora più coraggioso. La mente sia aperta a capire, l’anima ad amare, la volontà a dire “sì” alla chiamata. Aperti anche quando il Signore ci guida su strade di dolore e ci fa assaporare più la steppa che i fili d’erba.
Il dolore vissuto con abbandono e la steppa attraversata con amore diventa cattedra di sapienza, fonte di ricchezza, grembo di fecondità. Ci sentiremo ancora. Uniti nella preghiera vi saluto con affetto. Potete scrivere i vostri pensieri, fare le vostre domande, esprimere le vostre risposte. Insieme si serve meglio il Signore,
don Andrea
(ultima lettera di Don Andrea, da “Andrea Santoro, Lettere dalla Turchia, Roma 2006”)