martedì 1 novembre 2011

Pellegrini a Roma sulle orme di Giovanni Paolo II. Nuova Evangelizzazione e il Motu Proprio “Porta della Fede”.

Ciccio - Stefano
Ciccio è stanco. Nella grande basilica di San Pietro è trascinato a fatica lungo le navate fino all’altare di San Sebastiano, dove riposano le spoglie del Beato Giovanni Paolo II. Ha gli occhi abbottonati dal sonno: la notte non ha dormito. Immobile, con il capo chino, non è stupito dai marmi e dalle proporzioni della basilica vaticana, ma pende pericolosamente in avanti richiamato da un sonno inesorabile. Davanti scorre la folla che sfila, ora in preghiera, ora incuriosita, di fronte alla tomba del papa. Anche noi siamo lì per lui, per ringraziarlo e pregarlo. Giovanni Paolo II è il nostro amico. Ognuno, d’altronde se lo sente un po’ suo. Francesca, una ragazzina down dolce e paffuta, mi racconta che quando era piccola il papa le ha dato un bacio sulla fronte.
Celebriamo la messa in San Pietro nella prima memoria liturgica del Beato Giovanni Paolo. Nelle lettura dell’ufficio è stato inserito il suo celebre discorso inaugurale. “Non abbiate paura! Cristo sa "cosa è dentro l'uomo". Solo lui lo sa! Oggi così spesso l'uomo non sa cosa si porta dentro, nel profondo del suo animo, del suo cuore. Così spesso è incerto del senso della sua vita su questa terra. E' invaso dal dubbio che si tramuta in disperazione. Permettete, quindi - vi prego, vi imploro con umiltà e con fiducia - permettete a Cristo di parlare all'uomo. Solo lui ha parole di vita, si! di vita eterna”.
La nostra visita cade nei giorni in cui si è molto parlato di “Nuova Evangelizzazione”. Un convegno  organizzato dal Pontificio Consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione (Nuovi evangelizzatori per la nuova evangelizzazione. ‘La Parola di Dio cresce e si diffonde’”), ha raccolto in Vaticano, per l’iniziativa di Mons. Rino Fisichella, movimenti, esperti, delegazioni, associazioni provenienti da tutto il mondo. Qualche giorno prima, l’11 ottobre, il papa ha reso noto il Motu Proprio “Porta della Fede”, in cui ha proclamato un anno dedicato alla Fede che avrà inizio l’11 ottobre 2012, nel cinquantesimo anniversario dell’apertura del Concilio Vaticano II.
In San Pietro, mentre attendiamo la Messa nella cappella di San Giuseppe, scopro che il mosaico sull’altare fu voluto da Giovanni XXIII per l’apertura del Concilio. Sulla panca è con me Francesca, che però non sembra molto interessata al mosaico, ma mi abbraccia e mi circonda di coccole. Stefano – detto Ciccio- dietro di noi può arrendersi definitivamente al sonno, tanto da lasciarsi sfilare di mano il portafoglio che sempre tiene stretto come il bene più prezioso. La mia evangelizzazione passa per questi incontri.  “E, preso un bambino, lo pose in mezzo e abbracciandolo disse loro: «Chi accoglie uno di questi bambini nel mio nome, accoglie me; chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato». (Mc 9, 36-37).
E’ la Francesca che mi abbraccia o sono io, piuttosto, che cerco il suo tenero abbraccio? “In verità vi dico: Chi non accoglie il regno di Dio come un bambino, non entrerà in esso». E prendendoli fra le braccia e ponendo le mani sopra di loro li benediceva. (Mc 10, 16)”. Cosa avranno provato quei bambini tra le braccia di Gesù? Avranno percepito l’amore di Dio in quel gesto così delicato e familiare? Eppure tra le braccia della Francesca mi sento come tra le braccia di Gesù.
Non pochi cristiani (…) dedicano la loro vita con amore a chi è solo, emarginato o escluso come a colui che è il primo verso cui andare e il più importante da sostenere, perché proprio in lui si riflette il volto stesso di Cristo. Grazie alla fede possiamo riconoscere in quanti chiedono il nostro amore il volto del Signore risorto. «Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me» (Mt 25, 40): queste sue parole sono un monito da non dimenticare ed un invito perenne a ridonare quell’amore con cui Egli si prende cura di noi (Motu Proprio, Porta della Fede).  Per molti di noi è stata l’università dell’handicap la “porta della fede” che ci ha fatto crescere nell’amicizia con Gesù. E’ lui, attraverso i piccoli, il protagonista dell’Evangelizzazione.
Attraverso tutto il suo pontificato papa Wojtyla ha continuamente riproposto la centralità di Cristo, dal discorso di apertura, ai discorsi rivolti ai giovani in occasione delle GMG  come nei giorni gloriosi del Giubileo del 2000, fino alla fine della sua vicenda terrena. Così il Papa ci ha insegnato che soltanto uno sguardo puntato su Cristo permette di guardare con profondità nel mistero dell’uomo. Forse non tutti hanno avuto il privilegio di ricevere il bacio del Papa come Francesca, ma quanti si sono sentiti scrutati dallo sguardo di Giovanni Paolo II? Il suo sguardo era fermo e penetrante, quello di un contemplativo che vive nel mondo e lo conosce bene.
Ma per primo Gesù ha fatto così. Nei Vangeli i discepoli parlano sempre di folla, di massa anonima che si accalca attorno al maestro, fin quasi a schiacciarlo e impedirgli di muoversi. I discepoli parlano di numeri per cui è impossibile disporre del cibo, di categorie o classi sociali. Gesù è diverso. Ha cercato un incontro personale, un coinvolgimento diretto, perché nella vita delle persone che ha incontrato, magari attraverso una ferita dell’anima, una relazione problematica, una malattia o una domanda insopprimibile, potesse farsi spazio ed entrare a portare la luce, la guarigione, la Verità.
Se è vero che l’Europa in particolare ha dimenticato il “volto del Signore”, spegnendo l’orizzonte cristiano che contraddistingue la sua identità, occorre ripartire da un rinnovato incontro con Gesù. Una costatazione che sta alla base dell’Istituzione del Pontificio Consiglio per Nuova Evangelizzazione, ma in parte già espressa nella Lettera apostolica Novo Millennio Ineunte (n.58) e dal documento Ecclesia in Europa promosso da Giovanni Paolo II nel 2003: “Sì, dopo venti secoli, la Chiesa si presenta all'inizio del terzo millennio con il medesimo annuncio di sempre, che costituisce il suo unico tesoro: Gesù Cristo è il Signore; in Lui, e in nessun altro, c'è salvezza (cfr At 4, 12). La sorgente della speranza, per l'Europa e per il mondo intero, è Cristo, « e la Chiesa è il canale attraverso il quale passa e si diffonde l'onda di grazia scaturita dal Cuore trafitto del Redentore» (Ecclesia in Europa, 18). Una considerazione che è un invito pressante, riproposto ultimamente nella lettera “Porta della Fede” di Benedetto XVI: “Con il suo amore, Gesù Cristo attira a sé gli uomini di ogni generazione: in ogni tempo Egli convoca la Chiesa affidandole l’annuncio del Vangelo, con un mandato che è sempre nuovo. Per questo anche oggi è necessario un più convinto impegno ecclesiale a favore di una nuova evangelizzazione per riscoprire la gioia nel credere e ritrovare l’entusiasmo nel comunicare la fede”.
Con insistenza il Papa continua a sottolineare la gioia che proviene dalla fede, dall’amicizia sincera con Cristo. Il sorriso di Fabio, la gioia della Francesca o le risate di Stefano mi fanno comprendere meglio il senso di questa gioia. Prego insieme a Francesca l’Ave Maria che mi chiede di recitare per la mamma.
Quale evangelizzazione possono proporre questi piccoli? Forse occorrerà impegnarsi perché divengano protagonisti, prima di tutto attraverso l’amicizia con loro e le famiglie; certamente attraverso lo studio e il Catechismo, l’elaborazione di sussidi e modalità nuove con cui aprirsi e aprirli ai più diversi linguaggi espressivi. Ma soprattutto occorrerà lasciare che siano loro a “lavarci i piedi”,  a mettere in discussione il nostro criterio di volontariato e servizio. “Se io non ti lavo non avrai parte con me” (Gv 13,8). Se non mettiamo da parte le nostre sicurezze, le gerarchie che regolano il nostro sistema di relazioni come potremo farci evangelizzare? Allo stesso tempo è chiaro che la Parola e l’Eucarestia sono i canali privilegiati per farci scoprire la reale presenza di Gesù in questi piccoli quale mistero sospeso tra cielo e terra, luce e tenebra, capacità e disabilità.
Nella messa con i gravi la Parola si fa ancora più “pesante”! E il pane spezzato sull’altare si riflette sul corpo spezzato di queste piccole “ostie bianche” da adorare, ma anche da servire e accogliere.  Eppure con loro non siamo soltanto trascinati sul crinale del mistero: i piccoli sono portatori di un annuncio che parla di resurrezione. E’ il kerigma trasmesso agli apostoli che si è diffuso in tutto il mondo: Gesù crocifisso, morto e risorto per noi è risorto il terzo giorno! I sorrisi e le tenerezze dei ragazzi, il modo in cui i più gravi partecipano alla messa, le modalità con cui pregano Lorenzo, Maddalena, o Andrea, sono segni luminosi della presenza del Risorto.
Dopo pranzo, terminato il pellegrinaggio in San Pietro, Ciccio è sveglio e soddisfatto. Il pasto lo ha allietato. Se durante la mattinata non è stato affatto loquace adesso ride compiaciuto spolverando tutto il repertorio di espressioni abituali. Per me è il momento dei saluti perché il gruppo riparte per Pistoia, mentre io rimango ad limina Petri. I ragazzi mi salutano con fervore tanto da farmi commuovere. Tutti salgono sul pullman, compresa la Francesca che mi sorride da dietro il finestrino. Un saluto imprevisto mi coglie impreparato, come se per la prima volta mi sentissi chiamare per nome: “Ciao..Ugo!”
 Mi volto: è Stefano che alle mie spalle ha deciso di salutarmi.  Si è ricordato il mio nome ed ora mi guarda sorridendo. Non è facile che Stefano parli, ancora meno che chiami qualcuno per nome, così il suo saluto inaspettato mi è rimasto impresso per tutto il giorno, riempiendomi il cuore di tenerezza. Non è questa la gioia che più si può assimilare al lieto annunzio di Gesù? Stefano è dunque un maestro dell’evangelizzazione! E’ la voce di Stefano e con questa Gesù che passa?
“No, non una formula ci salverà, ma una persona, e la certezza che essa ci infonde : Io sono con voi ! Non si tratta, allora, di inventare un “nuovo programma”. Il programma c’è già: è quello di sempre, raccolto dal Vangelo e dalla viva tradizione. Esso si incentra, in ultima analisi, in Cristo stesso, da conoscere, amare, imitare, per vivere in lui la vita trinitaria,e trasformare con lui la nostra storia fino al suo compimento nella Gerusalemme Celeste” (Novo Millennio Ineunte, 29).

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